Lezione 1 di 4
In Corso

1.1 – I Social Media come strumento strategico

Domenico Boccone 23 Maggio 2025

Trascrizione

Oggi appunto tratteremo un tema che per qualcuno può essere magari meno discusso, per altri magari di più perché il termine data-driven ormai è entrato abbastanza nel lessico familiare perché si occupa di marketing, di comunicazione digitale. Oggi cercheremo di spiegare meglio cosa significa data-driven e soprattutto come utilizzare i dati, gli insight e la lettura degli stessi per darci delle, diciamo, per poter supportare quella che è l’attività di creazione strategica dei progetti anche dal punto di vista della creatività, quindi del concept, della grafica, del formato da scegliere. Oggi abbiamo talmente tanti dati che sarebbe abbastanza cieco cercare di non sfruttare al meglio. Come abbiamo già detto nella chiacchierata che abbiamo fatto in introduzione, sia chiaro, questo non vuol dire, non esiste nero o bianco, ci sono i grigi, quindi questo non significa che dobbiamo abbandonare i nostri spunti creativi, la nostra sensibilità, le nostre expertise, le nostre intuizioni, semplicemente significa che possiamo avere dei mezzi per indirizzarle o per avere conferma che conferma che una delle idee che ho avuto, uno dei concept che ho pensato, una delle meccaniche della campagna che voglio mettere in atto hanno senso, ripeto, soprattutto non per noi, ma hanno senso per gli utenti finale, le buyer personas del brand, del nostro cliente, che la differenza è sempre quella, noi dobbiamo fare comunicazione generale impatto su di loro. Se poi abbiamo soddisfazione e convince anche noi i professionisti è sicuramente meglio, però ricordiamoci sempre che si fa comunicazione in comunicazione, il primo punto è sapere a chi dobbiamo parlare. Molte volte, vi dico che succede anche a me, molte volte innamorati di un’idea o di un’attività si tende un po’ a dimenticarsi questo passo che invece è fondamentale, poiché la prima regola della comunicazione è appunto adeguare il messaggio in modo da renderlo comprensibile al meglio dalle persone con cui dobbiamo riferirci. Brevemente chi sono? Io sono partner e Head of Digital di Openbox, che è un’agenzia specializzata digitale specializzata in tutto quello che ruota intorno al contenuto di qualitativo, quindi social media, la parte inbound e soprattutto l’influencer marketing. Trovate infatti nelle mie accademie diversi mie corsi anche sul tema dell’influencer marketing. Ho scritto il primo libro italiano sul tema, Influencer Marketing valorizza le relazioni da voce ad autobrand e poi un altro che si chiama Professione Influencer, che è più invece incentrato sul tema del creator e come il creator può posizionarsi e migliorare la sua attività. Da due anni sono inoltre Founder e Presidente dell’Onim, che è l’osservatore nazionale influencer marketing, che è una realtà no profit che racchiude i principali player nazionali e internazionali del settore dell’influencer marketing e con cui facciamo cultura sul tema attraverso soprattutto report, quindi dati concreti del mercato italiano, white paper e approfondimenti. Se voi andate su www.onim.it potete scaricare gran parte dei report che facciamo che sicuramente potranno essere di vostro interesse. Ma andiamo perché non amo parlare troppo di me stesso. Sentiamo parlare da tempo proprio per l’importanza che hanno raggiunto dei social media come strumento strategico di comunicazione, probabilmente con me sfondate una porta aperta che me ne occupo ormai da più di 10 anni, molto probabilmente se siete qui sfonderò una porta aperta anche per voi. Il problema è che a volte non è sempre così chiaro per tanti, soprattutto non è spesso chiaro cosa significa realmente strumento strategico. Molto spesso infatti viviamo di un utilizzo dei social che è molto meno pensato e ponderato di quello che dovrebbe essere e si pensa che dovrebbe essere, ma molto spesso viene più visto come uno strumento da fare perché va fatto, ce l’hanno tutti, perché è uno strumento di trend, perché il mio competitor ha aperto TikTok allora lo devo perdere anch’io. Perdendo per strada riflessioni importanti quindi gran parte di questo suo essere strategico, per inteso per essere strumento strategico intendiamo uno strumento che possa portare valore reale e concreto all’azienda, non solo una manciata di like. Ne siamo appunto così certi? Sì, sono tantissimi, vediamo un sacco di ottime attività, di ottimi campagne, di performance, di numeri fatti sui social media, ma siamo così certi davvero che tutti i contenuti che vediamo e l’utilizzo dei canali che vengono utilizzati dalla maggior parte delle brand abbiano davvero dietro una valenza strategica e un supporto e un ideale che porta una volontà di voler portare concreto vantaggio all’azienda. Ricordiamoci che il termine social media marketing, il termine marketing non è lì a caso, ma significa che deve rispondere a delle esigenze di marketing, quindi di conseguenza deve permettere al brand, a chi lo utilizza, di migliorare il suo posizionamento, raggiungere meglio i target, poter illustrare i propri prodotti, avere spinte commerciali, poter migliorare la reputation e quindi la fase contrattuale con dei fornitori. Sto facendo mille esempi, ma il concetto è questo. Per spiegare quanto secondo me appunto ne siamo certi volevo toccare uno dei punti che è più acclamato da chi segue e spesso fa social media, in realtà è marketing che viene osannato da tanti e che viene spesso, che si trova tantissimo spazio nelle bacheche di professionisti del settore con post spesso incensando quella che è l’attività. Vi ho fatto, volevo portarvi appunto alcuni esempi. Questo è un post di realtà del marketing di Leroy Merlin fatto per l’uscita dell’ultima stagione di Games of Thrones. C’è dire Giusto Trono è la cosa più importante. Al di là del fatto che è sicuramente un post visivamente magari non super accattivante, ma è un post, la parte di coppia è sicuramente ben fatta in tema, la domanda vera è siamo così sicuri che un brand come Leroy Merlin quando parla di voler dare visibilità alla sua alla sua vendita di prodotti legati ai sanitari, sia così necessario fare un post e comunicare la tematica di Games of Thrones? Siamo sicuri che ci sia un’affinità tale? Siamo sicuri che questo tipo di comunicazione porti plus al brand, al posizionamento dello stesso? Soprattutto porti impatto sui suoi target di riferimento interessati al mondo dei sanitari? Molto probabilmente no. Ne vediamo un altro. Questo è quello che è fatto da Actimel, sempre sulla stessa tematica. Qui dovrebbe un po’ richiamare tra l’altro, c’è un bello sforzo, la fiammata di uno dei draghi protagonisti. Addirittura e anche qui siamo così sicuri che uno yogurt che dovrebbe aumentare le difese immunitarie abbia così bisogno di dimostrare che ti rende talmente forte da essere a prova del colpo di un drago, di una serie fantasy. Lascio a voi la risposta. Per arrivare addirittura a una banca. Addirittura una banca, Viper, un istituto bancario, fa un contenuto riguardo, prendendolo sempre a riguardo all’ultima stagione di Games of Thrones, ma girandolo, parlando del tema degli spoiler, cioè del non dover spoilerare, che era una tematica sicuramente cardinal. Anche in questo caso è sicuramente più interessante, perché si lega a quella che è, quando ci sono momenti di lato televisivo così importanti, a una delle usanze maggiori, cioè quella dell’avere paura di ricevere uno spoiler. Ma anche in questo caso che valore porta in più al branding della banca, alla banca stessa o ai prodotti finanziari che la stessa produce? In questo caso era legata all’assicurazione, però anche in questo caso siamo così sicuri che ci fosse così tanto bisogno di fare un poster sul tema? Probabilmente non troppo. Ma la risposta più grave a tutto questo, perché mentre secondo me Leroy Merlin mi lascia veramente tanti dubbi, Actimel diciamo me li lascia, probabilmente Bipper hanno trovato un ferruce interessante da utilizzare. Il problema è questo, che nella stessa settimana di questi tre post ne sono usciti la qualunque. Questa è solo una parte dei post fatti dai brand riguardanti il real-time marketing dell’ultima stagione di Games of Thrones. Quindi al di là che molti brand probabilmente non riescono ad avere un legame tra questo accadimento, seppur molto discusso, e quindi probabilmente da cavalcare e il proprio brand, i propri prodotti, mi preoccupa. Il vero problema è che anche quando in parte magari potreste anche esserci riuscito decentemente, come per esempio Bipper, il problema è che si va a finire in una serie di contenuti più o meno qualitativi, una serie di contenuti enormi riguardanti Games of Thrones. Quindi la risposta in questo caso è la volontà da parte dell’agenzia di farsi sentire sul pezzo, di seguire un trend, o la consapevolezza davvero che tutto questo può portare un valore strategico e portare un valore concreto all’azienda, ai suoi prodotti, ai servizi e compagnia. Molto probabilmente è più la prima. E voglio essere chiaro, quell’errore non è tanto la volontà di voler seguire un trend o di poter leggere un trend sfruttato, quanto il fatto che non basta rendersi conto di un trend molto discusso e applicato, serve un passo di più per capire se quel trend è realmente funzionale e soprattutto se è un tema di interesse per quella che è la mia fan base. Ricordiamoci che quando ci facciamo queste domande a volte possono sembrare concrete, perché facciamo conto Nutella è nazional popolare, voi che non è nazional popolare, come è nazional popolare Games of Thrones? Però ci tengo a precisarvi, e l’ho fatto anche spesso nel corso che ho finito questo esame sulla social e web listening, che bisogna stare molto attenti a dare per scontato cose. Molto spesso io mi rendo conto, quando facciamo questa analisi delle conversazioni online, che i brand hanno dei luoghi comuni su di sé che sono lontani alle luce poi dal pensiero reale degli utenti. Molto spesso vivono in queste certezze che non sono così certe e creano attività su queste certezze sbagliate con dei rischi gravissimi dal punto di vista del ritorno dell’attività e del ritorno che questa può dare. Seguire trend è importante quindi, certo che è importante perché lo scopo dei social in primis è quella di generare conversazioni e nulla meglio di un trend ci può aiutare a attivare conversazioni e a massimizzarle. Il problema, ripeto, è capire quali trend siano, non solo capire quali sono i trend del momento, ma soprattutto capire quali siano i trend che possono essere utili a noi. Questo è fondamentale perché, risottolineo, dobbiamo sempre essere sicuri che quello che realizziamo generi poi un vantaggio al brand, ripeto, e per far questo deve portare un impatto sugli utenti finali. Per fare questo è fondamentale cercare di capire il più profondamente possibile non solo le caratteristiche aziendali, i prodotti, il posizionamento, ma soprattutto capire il più possibile le caratteristiche dell’audience a cui noi ci riferiamo, le nostre buyer personas, da che tipo di canali usano, che tipo di contenuti apprezzano di più, quali settori o interessi sono per loro più rilevanti, calcolando che questi elementi possono variare tantissimo da brand a settore a settore, ma addirittura possono variare tantissimo all’interno delle mie stesse buyer personas, perché le esigenze, le caratteristiche delle mie buyer personas della Generative Boomer non sono quelle della Gen Z. Quindi magari la mamma di famiglia, la nonna, comprerà la Nutella perché vuole fare la merenda ai nipoti ed è un’esigenza di un tipo, il ragazzo della Gen Z o la persona che abita da solo, appena andata a vivere da sola, molto probabilmente la comprerà per altre esigenze, per fare lo spuntino notturno. Giusto per farvi degli esempi concreti, stesso prodotto, stesso legame con il brand, differenti esigenze, differenti metodi, anche differenti esperienze di utilizzo e anche queste vanno ad avere un riverbero importantissimo su come il brand deve comunicare e quindi sul nostro approccio.

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