1.1 – Cos’è un podcast, dati italiani
Trascrizione
Ciao a tutti quelli che stanno ascoltando e seguendo questa lezione, quest’oggi si parlerà di podcast. È un corso un po’ più lungo, questa è solamente una parte, in particolare oggi parleremo di quello che è la fase di pianificazione e di piano editoriale. Quello che faremo in questa lezione di oggi sarà vedere appunto la pianificazione e il piano editoriale. Vado avanti presentandomi molto brevemente. Io lavoro come podcast producer a tempo pieno, questo sta diventando sempre di più una professione, tra l’altro era stata inserita tra le professioni più innovative degli ultimi due anni, anche perché è una cosa recente. Io ho iniziato con l’audio che avevo 22 anni, adesso ne ho un pochino di più, però ad oggi sono totalmente focalizzata sul podcast. Ho prodotto oltre 25 serie, principalmente per i brand, oppure per una piattaforma chiamata Storytel, che è un catalogo appunto in abbonamento. Sono TEDxSpeaker, ho parlato appunto di podcast a un TEDx nel 2021 e sono formatrice per varie università e per Spotify. Quindi quello che vi consiglio di fare è seguire questa lezione, ma con carta e penna, perché ci saranno anche un po’ di attività pratiche da fare assieme, proprio perché se magari avete un progetto nel cassetto, questo è il momento di portarlo a terra. Ovviamente io parlerò in maniera generale, ma tutto quello che dico si può declinare su qualsiasi argomento, su qualsiasi formato, su qualsiasi ambito, ma questo lo vedremo assieme. Allora, questi sono un pochino dei lavori che ho fatto, se vi va di andare a ascoltare qualcosa, principalmente per i brand, è questo un pochino il riassunto di quanto abbiamo detto prima. Parliamo invece dell’argomento di quest’oggi. Cosa andremo a fare? Andiamo a vedere intanto che cosa è un podcast, perché al giorno d’oggi, quando sto tenendo questa lezione, c’è ancora tanta tanta tanta confusione sull’argomento e ma vedremo perché è importante fare chiarezza su che cosa è un podcast. Vedremo i dati italiani e comunque quello che è una previsione generale su quello che è l’andamento del mercato, sia dal punto di vista degli ascoltatori, sia dal punto di vista dei brand che vogliono magari appoggiare un piano di marketing anche sul podcast. Vedremo cosa funziona in un podcast, quindi anche cosa sarebbe meglio evitare e ci addentreremo in quello che è l’audio storytelling, una parola mega abusata, sempre di più, ma vedremo effettivamente quello che è lo storytelling dedicato all’audio e qui ci sarà il momento di tirar fuori carta e penna. Passeremo quindi al piano editoriale e alla definizione dei format, così appunto se avete quell’idea nel cassetto potete assolutamente iniziare a metterla a terra, scegliendo quello che è il formato migliore per voi. Allora, andiamo con la definizione, una definizione che è nata nel 2020. Ora, a sentimento non ci vuole tanto a definire un podcast, in maniera molto naif la potremmo definire come un contenuto audio. Il problema è che il contenuto audio può essere una musica, può essere una canzone, può essere una colonna sonora, può essere il whatsapp di vostra mamma che vi racconta cosa ha fatto questa mattina. Il problema era questo, che quando si andava a definire la portata di questo fenomeno, quindi si andavano a chiarire quelle che erano effettivamente i numeri per poi anche quantificare una portata magari di pubblicità o di sviluppo, quando si chiedeva alle persone ma tu ascolti podcast, tutti, tutti quanti ascoltavano podcast. La realtà è che poi quando andavi a indagare, questi non ascoltavano podcast, questi avevano ascoltato una replica, avevano ascoltato un messaggio audio, insomma c’era da fare chiarezza. La chiarezza è arrivata con la definizione fornita da Ipsos nel 2020, ovvero un contenuto audio inedito, diffuso via internet, ascoltabile in qualsiasi momento, quindi audio inedito, quindi mai pubblicato altrove, quindi qui lasciamo da parte le repliche radiofoniche, che ora le radio chiamano furbamente podcast, ma io quando venivo dalla radio si chiamavano semplicemente repliche, perché quelle sono, quindi non sono certe inedite. Diffuso via internet, perché se non lo mettiamo online non è ascoltabile da tutti, cioè se ce lo teniamo noi non è propriamente un podcast, è ascoltabile in qualsiasi momento, possiamo aggiungere da cellulare, da pc, da qualsiasi device e distribuito appunto sulle nostre piattaforme di ascolto, Spotify, Apple Podcast, ma questo lo vedremo nella lezione dedicata alla distribuzione. Ora, qui ci sono varie capacità da combinare, ecco perché la necessità dei corsi di podcast, c’è sicuramente una capacità in ambito contenutistico, ovvero elementi di sceneggiature, di storytelling per l’audio che guarderemo oggi, un ambito tecnico legato alle conoscenze di registrazione, di audio editing, di montaggio, di microfonazione, di sonorizzazione, quindi è più un lavoro diciamo da fonico, da sound designer, da sound engineer, ma ovviamente il podcasting è una parte, bisogna studiare tutto quanto lo scivile umano dell’audio. C’è l’ambito marketing, perché poi come ogni prodotto editoriale se non è promosso e in qualche modo studiato e analizzato non si capisce come mai sta andando bene, sta andando male, come poterlo scalare, incrementare. C’è un discorso anche di monetizzazione, qualora noi volessimo guadagnarci qualcosa e poi c’è un discorso di ambito legale, quindi di utilizzo delle musiche testi e voci altrui, perché se noi cerchiamo una musica, la troviamo anche libera su YouTube, magari non è un personaggio che pensiamo essere così famoso, comunque la musica fatta da qualcuno è di quel qualcuno, non esiste la musica che non è di nessuno, a meno che non ce la facciamo e ce la suoniamo e ce la cantiamo noi, e se suonatevi e cantate una cover non è comunque vostra, giusto a scaso di equivoci. Quindi c’è un discorso anche legale da fare, quindi tutti questi quattro ambiti formano una professione che oggi è veramente molto molto molto orizzontale, perché sei anni fa erano tutte competenze ultra specifiche, ad oggi produrre un contenuto per il web, che sia anche solo un blog, perché comunque ne devi sapere di scrittura, ma anche di SEO, che sia un video per YouTube, perché devi sapere appunto di tecnica di ripresa, ma anche poi di tutto quello che è l’algoritmo, di tutto quello che è il funzionamento delle piattaforme, ecco il podcast è esattamente così, contenuti, ambito tecnico, ambito marketing e ambito legale, che si fondano assieme, quindi benvenuti nella parte legata ai contenuti. Allora partiamo con qualche domanda e poi ci diamo anche una risposta da soli, allora ogni anno è l’anno del podcast, sono tre anni che google qualcosa e viene fuori che questo è l’anno del podcast, voi prendete un anno, quello era l’anno del podcast, poi vabbè ci sono stati gli anni della SEO, gli anni dei video, comunque sempre l’anno del podcast. L’anno del podcast prima non lo so, io vi dico che sicuramente il 2020 per l’Italia e anche il 2021 è stato sicuramente l’anno del podcast, perché i numeri sono stati assolutamente chiari a riguardo, c’è stata una crescita verticale, dovuta anche alla situazione contingente in cui ci trovavamo, eravamo tutti quanti più o meno tappati in casa, più più che meno, e non potevamo passare la vita davanti allo schermo, anche perché avevamo anche cose da fare a casa, quindi il fatto di ascoltare, di formarsi, di intrattenersi, di divertirsi attraverso l’audio ci permetteva intanto di fare due in uno, che non fa mai schifo, quindi di dare la spilapolvere e ascoltare il nostro contenuto preferito, di lavare i piatti, di far la cena, di che ne so, qualsiasi cosa, mentre ascoltiamo un contenuto, questo non lo possiamo fare col video, perché il video ci obbliga a osservare uno schermo e direi che in pandemia l’abbiamo osservato tutti anche troppo. Sono tutti ossessionati all’audio, adesso stanno andando tutti verso l’audio, dopo Clubhouse sembra che tutte le piattaforme abbiano lanciato la loro versione audio, Spotify, Greenroom, Spaces, Twitter, insomma tutti quanti sono andati verso l’audio, perché? Perché l’audio è sicuramente un qualcosa che ci accompagna durante la giornata, cioè non è un o o, cioè non devo scegliere tra il mio lavoro e ascoltare un podcast, un contenuto audio, io posso fare entrambi, non devo scegliere tra apparecchiare la tavola o comunque fare quel che devo fare in casa e ascoltare qualcosa, io posso fare, col video no sarebbe ovviamente quasi sempre possibile. E poi c’è la grande diatriba, sì ma perché fai l’audio quando puoi fare un video? Ora mia mamma, a cui provo a spiegare più o meno sempre che lavoro faccio, è un po’ difficile perché è uno scontro generazionale, mia mamma mi dice sempre ma perché fai un audio quando potresti fare un video? Io a lei le dico così, mamma perché col video mi devo toccare, con l’audio no. Fa ok, ok, va bene. No, la realtà è che l’audio lavora su sensazioni diverse, cioè non è detto che le persone che amano la parte visiva siano così ricettive alla parte audio e viceversa, non ho detto che chi ama le foto magari va su Pinterest, su Instagram ami l’audio e viceversa, quindi io decido di tagliare una fetta di pubblico, io parlo a quella fetta di pubblico che non è ancora presidiata, perché ricordiamoci che di piattaforme visive ce n’è, io vado su quella parte di pubblico che non è ancora presidiata con un messaggio che viene percepito molto sincero, molto vero, perché l’audio ti dà quell’illusione che tutto sia stato creato in questo momento, cioè che la persona ci stia parlando attraverso le cuffie proprio in questo momento. Sarà l’esimo fenomeno del momento, sarà la moda del momento, ogni tanto qualcuno mi buffa dicendo è la moda del momento, guarda il mio momento è un po’ lungo e sinceramente insomma direi che i trend sono assolutamente in crescita, no direi che non è la moda del momento, semplicemente è un nuovo media che si sta associando ai media video, fotografici, scritti, è semplicemente un nuovo modo per declinare la nostra comunicazione. Proprio di comunicazione parliamo quest’oggi e a quante persone parliamo? Gli italiani che ascoltano un podcast sono 13,9 milioni, già epurati da quelli che non avevano capito se stavano ascoltando un podcast o qualcos’altro e il tempo medio di ascolto è tantissimo, è 24,5 minuti. Ora voi trovate un media, togliamo i social network, ok, un media che viene seguito con attenzione per 24,5 minuti, ecco diciamo che è una bella occasione di parlare al nostro pubblico. È sicuramente un media percepito come intimo perché permette una comunicazione più vera, emozionale e anche percepita come maggiormente sincera. Vi faccio un esempio, a un certo punto hanno voluto testare la percezione di sincerità o bugia su vari media, quindi hanno fatto un esperimento, hanno preso un gruppo di persone, l’hanno diviso in tre sottogruppi e c’era una stessa fake news, una fake news che poteva sembrare abbastanza veritiera. Al primo gruppo questa fake news veniva somministrata in formato scritto, al secondo in formato video tipo una specie di telegiornale e al terzo in formato audio. Allora quelli del formato video sono stati quelli ingannati più facilmente perché a loro ci è voluto pochissimo a far credere che quella notizia palesemente falsa fosse vera, perché il video veicola tanti sottolinguaggi che possono farti pensare che sia vera. Quelli del formato scritto hanno detto sì, potrebbe essere vera, potrebbe non essere vera, quelli del formato audio hanno detto passativamente questa notizia è falsa, perché nell’audio la sincerità percepita, quella che passa attraverso le vibrazioni della voce, è davvero fondamentale, può fare la differenza tra una supercazzola e qualcosa di vero e percepito come tale. E poi non dimentichiamoci, alla grande domanda perché invece di fare un video ti metti a fare audio, il fatto che l’audio è un media di soffrazione. Qualcuno lo definisce un media un po’ carente perché non c’è la vista, non c’è l’udito, scusate, non c’è la vista, non c’è il tatto, non c’è il gusto, non c’è l’olfatto, c’è solamente l’udito, quindi è veramente ridotto all’osso. Ma proprio perché è ridotto all’osso, togliendo tutti gli altri sensi, ci obbliga ad un lavoro maggiore di immaginazione che favorisce il ricordo. Anche qui vi faccio un breve esempio. Avete presente quando siete in macchina? Sì. E state ascoltando una canzone che conoscete bene in radio? Sì. Arrivate dove dovete arrivare e dovete scendere. Fermate la radio, fermate Spotify, quello che state ascoltando, e vi rendete conto che il vostro cervello si è frizzato lì, esattamente in quel punto preciso della canzone. Andate a fare la spesa, quello che dovete fare, tornate in macchina e il vostro cervello è ancora lì, perché il nostro cervello è fatto di task, di compiti che devono essere portati a termine. Quindi se noi non portiamo a termine questi compiti, il nostro cervello non riesce ad andare oltre, quindi non riesce a fare quello scatto tale per cui possa andare avanti. Questo lavoro ulteriore che noi diamo al nostro cervello fa sì che il nostro cervello debba spendere un pochino più di energie per aggiungere quello che manca, quindi nel caso è l’audio il visivo, nel caso è la canzone lasciata a metà, il secondo pezzo, e questo favorisce il ricordo proprio perché ci abbiamo messo un pochino più a immaginarcelo. Allora, un po’ di numeri. Il 73% ascolta podcast in casa e il 30% in auto. Uno direbbe, ah ok, è dato dalla pandemia. No, non è dato dalla pandemia, perché questi sono dati del 2020. Io ho voluto prendere i dati del 2020 apposta perché fosse chiaro che non era solo riguardo alla pandemia. Nel 2020 c’è stata la pandemia, siamo stati tutti in casa e anche parte del 2021 dipende da dove abitate voi. In realtà, se andiamo al 2019, non è che la percentuale di persone che ascoltasse il podcast in casa cambiasse di tanto perché era intorno al 70-71%, quindi semplicemente le persone scelgono di utilizzarlo in casa. Perché? Per il motivo che abbiamo detto prima, il podcast è un media che si accompagna alle nostre attività quotidiane e dove facciamo le attività quotidiane in casa, soprattutto le più noiose e pallose, quindi vogliamo intrattenerci o formarci in qualche modo. Il 30% in auto, anche qui non è questione della pandemia, perché quando non c’è la pandemia comunque questa percentuale era leggermente più alta, ma non più di tanto. Queste sono proprio abitudini standard ad oggi del pubblico podcast.