Lezione 1 di 16
In Corso

1.1 – Introduzione

Domenico Boccone 14 Giugno 2025

Trascrizione

Buongiorno, eccomi qui. Allora, il titolo di questa lezione è un titolo che abbiamo cercato di ideare in modo che raccontasse un po’ non solo il percorso che faremo in queste due ore, ma che raccontasse in realtà l’obiettivo finale di questo percorso di due ore. Digital PR, comunicazione e governo della percezione. Sono due aspetti, quello della comunicazione e quello del governo della percezione, davvero molto importanti. Perché? Perché dobbiamo partire un po’ dall’inizio, no? Cioè, le digital PR, partiamo dal concetto di PR. PR, Public Relation o relazioni pubbliche, che dir si voglia, è un’attività, una professione, un’attività professionale che risale a molto tempo fa e che si può tradurre in un linguaggio più corrente con il concetto di gestione dei rapporti con gli stakeholder, quindi lo stakeholder management inteso in senso A. Ma questo c’entra fino a un certo punto con la nuova dimensione che questa attività professionale ha in un contesto come quello del digitale, che ha completamente stravolto le modalità di gestione e di riluppo di questa attività professionale. Quello che cercherò di fare in questo percorso con voi sarà esattamente questo, cioè mettere quelli che sono dei punti fermi dal punto di vista del funzionamento, delle dinamiche, dei motivi per cui certe cose accadono e certe cose succedono in un certo modo e non succedono più in un altro modo, cioè in un modo precedente, in modo da trasferire, se ci riuscirò, mi auguro di sì, il grande cambiamento che questa attività che nasce, trova fondamento in realtà nel mondo degli uffici stampa, quindi delle pubbliche relazioni intese come gestione del rapporto con i media e che ha subito un cambiamento estremamente importante negli ultimi dieci anni, gli ultimi 10-15 anni e c’è anche una data quando questo cambiamento è effettivamente accaduto, che non è con la nascita di internet, che non è con la nascita del web in senso ampio, quindi non stiamo parlando della fine degli anni 80, degli anni 90, nel quale la rete internet è diventata quello che bene o male viviamo in questo periodo. Ha una data precisa, una data più precisa ancora, che è il biennio 2007-2008. Perché 2007-2008? Perché nel 2007, a luglio del 2007 per la precisione, tra l’altro cade bene perché oggi è l’anniversario della morte, Steve Jobs ha presentato il primo modello di smartphone. Il primo modello di smartphone presentato appunto a luglio del 2007, che non era un telefono o meglio non era più solo un telefono, era qualcosa di profondamente diverso, di profondamente più complesso, ma soprattutto era un device che aveva una caratteristica, quella di liberare la rete dalla costrizione dei precedenti device che noi dovevamo utilizzare, nello specifico dei pc, dei computer, che noi dovevamo utilizzare per accedere alla rete. Questo che cosa ha comportato? Ha comportato che in realtà, mentre prima noi dovessero entrare in rete e vivere tutta la libertà che internet ci dava, in termini di tempo e di spazio, di possibilità di veicolazione di contenuti, possibilità di entrare in contatto e interagire con chiunque in tempo reale e di veicolare informazioni, non solo autofirme, ma di produrne e quindi di mettere in rete delle informazioni, però per fare tutto questo noi dovevamo essere seduti davanti a un computer, esattamente come sto facendo io in questo momento. Lo smartphone che cosa ci ha dato la possibilità di fare? Di essere connessi costantemente anche in movimento. Questo ha cambiato non tanto e non solo l’approccio alla rete in quanto tale, ma il modo in cui l’essere costantemente connessi, l’always-on, come dicono i tecnici in questo ambito, ci ha cambiato la percezione della nostra realtà. E qui entra, vedete, la seconda parola, percezione. Perché la percezione della nostra realtà? Perché in realtà, essendo sempre connessi, questo continuo essere connessi ci ha dato la possibilità al mondo del digitale di diventare tutt’uno col mondo analogico, il mondo reale, con la nostra esperienza quotidiana. In questo senso, è estremamente importante pensare a quel momento, perché è stato il momento in cui il digitale è diventato parte della costruzione del reale, della nostra capacità di costruzione del reale, della nostra capacità di rappresentazione del reale. Dicevo un viegno, 2007-2008, perché quasi in maniera coeva, quindi poco tempo dopo, nel 2008, Facebook diventava il fenomeno globale che conosciamo, con numeri diversi, ma diventava quel fenomeno globale che in qualche maniera conosciamo adesso. L’unione di questi due eventi, quindi dell’hardware rappresentato dallo smartphone e del software rappresentato da una piattaforma che permetteva di non solo condividere contenuti, ma di discuterli, di entrare in relazione con altre persone in tempo reale continuativamente, ha cambiato completamente la sfera percettiva, per quanto riguarda noi, nei confronti della realtà nella quale vivevamo. Sembra un discorso molto alto, sembra un discorso complesso, sembra un discorso un po’ troppo sociologico, in realtà è quanto di più vero sia accaduto in questi dieci anni, ed è quanto di più impattante sia, a questi 15 anni in realtà, quanto di più impattante ci sia stato nella ricostruzione del nostro percepito della vita. Perché questo? Perché ovviamente, avendoci trascinato dentro una connessione, un’iperconnessione continuativa, questo ha cambiato il nostro modo di approcciare la realtà, di comprendere la realtà, di percepire la realtà appunto, e quindi ha cambiato anche il modo di comunicare. In che modo questo modo di comunicare è cambiato? E’ cambiato essenzialmente sotto due punti di vista centrali. Il primo punto di vista, il primo assetto, il primo pilastro fondamentale è che, mentre prima tutto il mondo della comunicazione era unidirezionale, era in mano a un nucleo ristretto di professionisti della comunicazione, di un sistema mediatico, comunque delle strutture organizzate e che facevano questo di mestiere in maniera specializzata, che comunicavano verso un pubblico ampio tutte le teorie dei mass media si muovevano in questo ambito, comunicavano verso un pubblico ampio, che recepiva i messaggi in maniera passiva, siamo passati in una realtà nel quale la comunicazione non è più univoca, unidirezionale, ma è un processo, un processo al quale tutti i soggetti, quindi sia quelli che erano gli antichi produttori dell’informazione, i media, il sistema mediatico, gli opinion leader, adesso gli influencer eccetera, sia i soggetti, quindi noi, sia le aziende, i brand, le organizzazioni, gli enti, le istituzioni, qualsiasi soggetto è parte di questo processo di costruzione della comunicazione, inteso come collettivizzazione di un processo. La grande differenza sta nel fatto che all’inizio la comunicazione non era un processo collettivo, ma era un processo subito dalla collettività, che era gestito da una, passatemi il termine, anche questo molto sociologico, da un’elite che però deteneva le leve del potere da una parte, ma soprattutto aveva il potere, perdonate il gioco di parole, di costruire la nostra realtà, avevano il monopolio della costruzione di ciò che effettivamente noi vedevamo della realtà, e quindi raccontavano la realtà circostante, e noi vedevamo solamente ciò che loro decidevano di raccontare. Oggi invece ci troviamo all’interno di un sistema che coinvolge tutti i soggetti, e li coinvolge tutti in maniera, adesso non è esattamente così, ma diciamo in maniera paritaria, cambiando completamente la percezione, torna questa parola, e su questa parola mi soffermerò molto in questa galoppata di un paio d’ore, cambiando completamente la percezione di come la realtà, da un punto di vista del suo racconto, si forma e noi ne fruiamo.

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