Lezione 1 di 4
In Corso

Strategie di Growth Hacking per sviluppare il tuo business – Lezione 1

10 Giugno 2025

Trascrizione

Ciao a tutti ragazzi, sono molto felice di essere qui in diretta con voi e di raccontarvi un po’ appunto che cos’è il Growth Hacking. Io sono Alessia Camera e prima di qualsiasi altra cosa mi presento perché appunto con il fatto che abito tra Londra, Vicenza e Milano, per non dire appunto faccio molti giri per l’Europa magari appunto non tutti voi mi conoscete. Dunque io mi occupo di Growth Hacking e come Head of Digital ho lavorato con circa 15 start up e progetti tech in tutta Europa, principalmente basati a Londra ma appunto essendo che le start up sono principalmente app, e-commerce, piattaforme, appunto possono essere basate poi in diversi paesi oppure essere basate a Londra e poi rivolgersi a tutto il mercato online, quindi quando si parla di start up appunto non si parla per forza di un’azienda con un ufficio, anzi nella maggior parte del caso i team sono remoti, magari gli sviluppatori sono basati da qualche parte in Asia, magari il team marketing è basato in qualche co-working piuttosto che è liquido e quindi quando si parla di start up e di progetti tech si parla appunto di prodotti digitali, di esperienze digitali più che che di organizzazioni diciamo. Tra una start up e l’altra ho lavorato al lancio di PS4 in Europa, io dal 2012 lavoro a Londra dove appunto da Vicenza mi sono trasferita per questa mia grossa passione per l’innovazione digitale di start up e dopo due o tre start up a Londra nel 2012 comunque la community era molto piccola, eravamo circa 200 persone che lavoravamo nelle start up, c’erano un paio di co-working, c’era Google campus e qualche altro incubatore, non era assolutamente l’ecosistema maturo che c’era oggi e quindi ho avuto l’occasione di incontrare tantissima gente che lavorava in start up e soprattutto in quella fase di start up molto all’inizio diciamo, nella fase di validazione dell’idea, nella fase early stage della start up. Dopo questi primi nove mesi a Londra ho avuto questa propostona di lavorare per Sony Playstation al lancio europeo di PS4 al quale non potevo assolutamente dire di no ed è stato pazzesco perché appunto dall’aver lavorato con poco budget perché era una community per avere performance e quindi avere un’ottica sui dati e su come strutturare dei lanci appunto di e-commerce mi sono trovata dall’altra parte ad avere un brand che era conosciuto in tutto il mondo con una community di gamer super appassionati ovviamente dei budget della madonna da spendere online in tutta Europa poi e quindi ho fatto due anni fantastici in Playstation dove ho curato il lancio di PS4 e dei giochi più importanti usciti assieme a PS4 per poi lavorare alla beta del visore di realtà virtuale Playstation VR. E’ molto bello Playstation però appunto il mio cuore era rimasto con le start up anche perché nel 2014 anche se io lavoravo in Playstation poi magari venivo invitata agli eventi, i miei amici mi dicevano dai vieni a fare gli speech, vieni a raccontarci che cosa fai in Playstation, tutte queste cose qua e nel 2014 per la prima volta sono andata a una conferenza dove uno speaker che arrivava dagli Stagioni Uniti ci raccontava che cosa fosse il Growth Hacking e mano a mano che io sentivo il suo intervento dicevano questa roba del Growth Hacking effettivamente è quello che io ho fatto nelle start up fino all’anno scorso no? Cioè questo orientamento sui dati, sulle performance, sul capire come avere traction quindi raggiungere il successo, scalare su nicchie sempre più ampie era un po’ quello che succede quando fai start up e quindi ho detto bella questa roba del Growth Hacking adesso comincio a leggere un po’ di roba perché effettivamente io so tutta la pratica ma di teoria non ho ancora visto niente e è stato così che oltre appunto ad aver cominciato a lavorare su, a teorizzare diciamo il Growth Hacking ho poi mi sono poi rimessa nel mondo delle start up perché Playstation era molto bello però quando sei abituato ad avere un prodotto, a poter sperimentare, poter cambiare e lavorare con gente appassionata al proprio lavoro è una situazione difficile da ricreare all’interno di una corporate soprattutto una corporate giapponese con un sacco di politica comunque interna e quindi ho detto torno nel mondo delle start up, ho lavorato per altri due progetti dove in sei mesi siamo passati dall’idea alla beta al lancio e all’exit o alla partnership con la corporetta e quindi nel 2016 ho detto ottimo adesso sono già quattro anni che sono a Londra, l’estate a Londra lo sapete, lo saprete anche voi che non ci avete vissuto, fanno schifo, fa freddo, piove, insomma non è proprio la classica estate che ti aspetti e quindi nel 2016 ho detto sai che c’è magari questo estate faccio, divento consulente freelance così questo estate me la faccio in Italia. Oltre al tempo poi una cosa che mi ha spinto a tornare in Italia è anche il giving back, cioè questa idea per il quale chiunque abita all’estero quindi in un paese che non è suo, con una cultura che non è sua, dopo un po’ sente la mancanza del proprio paese d’origine, oltre alla mancanza c’è anche la voglia di rimettersi in contatto con tutte quelle persone, la propria comunità originaria, con un’idea di raccontare la propria esperienza, quindi far passare delle informazioni appunto in ottica di giving back, di dare indietro quello che tu hai imparato. E quindi nel 2016 sono tornata in Italia, mi hanno invitato allo marketing festival dove ho fatto il primo speech italiano sul growth hacking, andando a raccontare appunto che cosa fosse e come anche applicarlo, perché ovviamente io ho una base molto più pratica che teorica quindi e per me l’applicazione appunto del growth hacking è la cosa più importante, anche perché appunto vedo i benefici, ho visto che cosa significa applicare questa strategia, questo processo. E nel 2016 al marketing festival c’erano i ragazzi di Hopli che sono venuti a mio talk e hanno detto ma molto bella questa cosa che hai detto, la tua esperienza è molto interessante, hai mai pensato di mettere tutto quello che sai in un libro? Anch’io ho detto beh ovvio che la cosa è allettante, proprio in ottica di giving back, quindi di poter raggiungere molta più gente di quella che effettivamente poi puoi fare attraverso gli eventi o le conferenze. E quindi ovviamente ho accettato e nel 2017 è uscito il mio libro Startup Marketing, il primo libro, uno di primi libri in Italia sul growth hacking, dove appunto va a raccontare in ottica startup che cosa significa growth hacking. Il mio è un approccio molto startup perché diciamo che appunto la mia esperienza avviene in quell’ambito e appunto ci ho messo molta della mia conoscenza di esempi di casi concreti che ho visto, cercando un po’ di cambiare l’approccio ai libri di marketing, perché appunto in Italia invece sono molto teorici, molto legati alle definizioni, cosa che invece il growth hacking non è. E dal 2017 quindi torno molto spesso in Italia perché vengo invitata a conferenze, eventi, workshop, formazione, anche qualche consulenza, sia per le startup sia per le piccole e medie imprese, perché come appunto dicevamo le startup alla fine non sono molto distanti dalle piccole e medie imprese italiane, cioè alla fine piccole e medie imprese italiane magari hanno il prodotto fisico, non hanno totalmente un prodotto digitale, le piccole e medie imprese hanno un prodotto digitale e alcune mancano di prodotto fisico, però appunto questa è l’unica differenza che io vedo tra le startup e le piccole e medie imprese, oltre al fatto che anzi le piccole e medie imprese hanno qualcosa in più, hanno l’esperienza, hanno dei dati storici a cui fare riferimento magari per poter capire come muoversi in futuro, mentre le startup non ce l’hanno, quindi in realtà agiscono su un livello superiore di incertezza. Quindi ho scritto questo libro che mi ha portato in Italia un sacco di volte, io sono molto felice appunto di fare un po’ da ponte tra Italia e Londra, perché appunto l’ecosistema londinese delle startup, delle tecnologie è molto diverso da quello italiano, molto più maturo, e quello italiano invece sta un po’ muovendo i suoi passi adesso, e quindi portare un po’ della mia esperienza è una cosa che mi piace molto. Infine l’anno scorso ho lavorato per Tim Berners-Lee, che è l’inventore dell’HTTP, immagino che l’avrete sentito nominare, se non l’avete sentito nominare andate a leggervi cosa fa, perché appunto senza di lui internet non sarebbe esistito, e ho lavorato con la sua organizzazione a Londra, l’Open Data Institute, per due programmi di accelerazione per startup appunto legate al mondo dati, al mondo algoritmi. I dati è una parte che mi piace moltissimo e nel corso di questa lezione vi spiegherò appunto da dove nasce la mia passione. Inoltre infine chiudo questa presentazione dicendo che tra due settimane esce il mio nuovo libro, è già in preordine su Amazon, si intitola Viral Marketing e l’ho scritto con Michele Pagani, dove andiamo praticamente a combinare l’aspetto brand, l’aspetto community, cosa significa essere virali da un punto di vista di contenuti e brand, e cosa significa crescita virale in ottica di startup. Io mi sono divertita un sacco e non vedo l’ora che esca, quindi guardatelo perché secondo me vale vale la pena. Ma procediamo, allora di che cosa vorrei parlarvi oggi? Allora che cos’è il growth hacking? Quindi andremo un po’ a capire da un punto di vista teorico barra pratico con esempi che cos’è, come si sviluppa un approccio di growth, quindi che cosa significa appunto sviluppare un approccio, non solamente un processo. Come si sviluppa il growth hacking nei canali di traction? Anche qui l’idea è quella di darvi degli spunti su cosa significa fare growth hacking nei canali appunto che servono per portarvi traffico, per farvi raggiungere gli obiettivi. The king is here, diciamo che questo titolo è un po’ legato al fatto che sto guardando The Crown e quindi mi sta piacendo molto, ma vi farò vedere come per me The King alla fine per qualsiasi budget che abbiamo, per qualsiasi idea che abbiamo, per qualsiasi esperienza che stiamo creando, qualsiasi contenuto che stiamo creando, alla fine quello che davvero conta al di là di ogni strategia, di ogni budget, di ogni idea è il prodotto. E poi chiudiamo con i 30 tool più importanti che dovete assolutamente sapere se volete sviluppare strategia di growth hacking nel vostro, nel vostro progetto. Storizzatemi all’estra camera su Instagram, twittatemi adesso quando vedete questo video, i nostri contenuti, se avete domande, insomma sono online quindi appunto aggiungetemi, seguitemi e commentatemi così facciamo discussioni qui e in ogni dove. Bene, io direi che partiamo. Il growth hacking, growth hacking, una parola un po’ difficile, dobbiamo imparare anche a pronunciare perché appunto ho sentito, l’inglese è un po’ bastardo sulle H, se non la usate bene quella H prende un significato tutto diverso no? Quindi mi raccomando growth hacking. Allora vi faccio un esempio per capire, no per alcune cose, un po’ il contesto diciamo. Allora Vodafone nasce, nata, fondata nel 1985, ad oggi 450 milioni di clienti. Whatsapp fondata nel 2009, ad oggi, forse qualche mese fa, anzi magari questi dati sono anche aumentati, ad oggi un miliardo e mezzo di utenti. Che cosa significa? Allora a parte il fatto che ovviamente sono due modelli di business diversi perché una ha clienti e l’altra ha utenti, la cosa sulla quale vi volevo far ragionare è il fatto che appunto Vodafone nasce nel 1985 e ha circa un terzo dei clienti e degli utenti che ha Whatsapp, nata solo dieci anni fa. E qui potete capire come la velocità è un abilitante molto importante per chi fa growth hacking. E adesso analizziamo anche qualche altro esempio che magari avete già sentito, però siccome non vi vedo ho bisogno di essere sicuri che appunto questi esempi li conosciate perché sono quelli più famosi poi del mondo growth hacking. Allora Paypal, sapete tutti, spero che insomma la conosciate tutti, è un’azienda nata negli Stati Uniti all’inizio del 2000 che aveva questa idea di questo portafoglio digitale, quindi avevi un portafoglio online dove ti potevi caricare dei soldi e quando hanno sviluppato l’idea all’inizio del 2000 però nessuno in realtà aveva granché questa necessità, cioè chi è che ha bisogno di mettere dei soldi online all’inizio del 2000 quando non avevamo il telefono, non avevamo Facebook, cosa ci serviva avere un portafoglio digitale, però i founder erano molto focalizzati su questa idea e quindi hanno detto ok dobbiamo semplicemente trovare quella nicchia, quelle persone, quegli utenti che hanno questa esigenza perché noi siamo sicuri che da qualche parte ci sono questi utenti, cioè non sarà la massa, non saranno tutti, no il mercato non è tutti e significa trovare la propria nicchia e quindi hanno fatto un po’ di ricerche, hanno capito dove andare, hanno trovato in ebay la nicchia che era interessata appunto a questo tipo di servizio, ebay era nata qualche anno prima, vendeva prodotti online usati principalmente e non sapeva, gli utenti non sapevano come farsi pagare perché poi potevi fare un bonifico però era un po’ complesso, magari non ti chiedevi totalmente di chi avevi dall’altra parte e quindi Paypal ha permesso a questi utenti di scambiarsi denaro in modo molto più sicuro e appunto online, quindi Paypal è riuscita a far crescere la propria base utenti, 4, 5, 600 utenti all’inizio e la cosa funzionava, quindi hanno detto ottimo, come tutte le start up, qual è la necessità quando hai degli investitori, quando cominci a raccogliere fondi? La necessità è quella di dimostrare attraverso le metriche che la tua start up può avere un orientamento internazionale, quindi puoi fare specialmente numeri, in gergo si dice scalare e scalare velocemente è quello, l’obiettivo più importante per gli investitori e quindi loro dovevano fare numeri, dovevano aumentare la loro base utenti, ok come facciamo? Non c’è Facebook, non ci sono grandi canali dove fare pubblicità online, cosa faccio? Uso Google AdWords, hanno messo un po’ di budget, tipo 100-200 dollari e hanno provato a fare un po’ di annunci, ma ovviamente nessuno cercava portafogli online e quindi hanno acquisito un utente con 100 dollari, ovviamente non stava in piedi come modello di business, se andate a chiedere al vostro commercialista vi dicono questa roba non esiste, non può stare in piedi e quindi dovevano trovare delle modalità alternative, che cosa hanno detto? Ok hanno detto abbiamo questi 500-600 utenti di eBay che sono anche molto fidelizzati e usano il servizio, il portafoglio in modo molto attivo e come facciamo a moltiplicare i nostri utenti? Facciamo un problema, fare un esperimento, testiamo questa ipotesi, diamo 10 dollari all’utente esistente che in questo modo ci invita un suo amico che se si registra riceve anch’esso 10 dollari, quindi in questo modo l’utente esistente, quello nuovo, ricevevano 10 dollari testa, PayPal al massimo pagava 20 euro ma pagava per degli utenti che sapeva che si erano registrati, quindi aveva il dato, aveva la metrica sicura del fatto che non stava investendo in pubblicità appunto, stava investendo in utenti acquisiti, quindi appunto una metrica, un dato certo e questo ha permesso a PayPal di scalare, di raddoppiare, triplicare, quadruplicare la base utenza e di avere traction, tant’è che poi eBay ha deciso di acquistarla perché ovviamente un’asse è troppo importante per la piattaforma e ovviamente a livello mondiale aveva dei numeri importantissimi. Quindi questo è il primo esempio di Grosakian che è nato negli Stati Uniti all’inizio del 2000, ok, quindi una strategia di marketing che andava un po’ oltre quello che era il budget, quello che era il canale, andando a cercare dei metodi alternativi per raggiungere il loro obiettivo che era appunto quello di moltiplicare la propria base utente. Qualche anno dopo è arrivata Dropbox, Dropbox anche essa aveva questo spazio online che poi abbiamo scoperto che si chiamava Cloud, ma ovviamente nemmeno nel 2010 sapevamo che questa cosa era appunto il Cloud e soprattutto nessuno aveva le necessità di depositare online, di salvare online dei file, perché se ho un computer, avevo ancora le torrette all’inizio del 2000, perché se ho il computer devo salvare i file nel Cloud, nella nuvola online, in internet. Nessuno aveva ovviamente questa necessità, c’erano dei competitor ma avevano una user experience molto più complicata, molto più difficile e anche ingegnosa e anche a pagamento, e quindi il founder sapeva di avere un buon saggio competitivo rispetto a questi competitor, il fatto è che era così in anticipo che ovviamente il mercato non aveva questa esigenza. E quindi cosa facciamo? Anche qui l’idea era cerchiamo la nicchia iniziale, cerchiamo quegli utenti che hanno la necessità. Chi è che ha la necessità di salvare dei file online? Hanno scoperto, hanno fatto un po’ di test, hanno scoperto che gli sviluppatori software erano quelli che avevano questa necessità più di tutti gli altri, perché ovviamente questi negli Stati Uniti, nelle start up, nel mondo della tecnologia passavano tutto il loro tempo in ufficio a sviluppare codice, poi magari avevano dei problemi e questo codice era nel computer in ufficio, magari tornavano a casa e avrebbero voluto magari metterci un po’ le mani con il silenzio, con la mente lucida, insomma si sono accorti che appunto era una grossa esigenza e quindi hanno detto sicuramente il nostro target è quello degli sviluppatori software, quindi dobbiamo fare in modo che loro vedano il nostro il nostro prodotto, però ovviamente fare Dropbox è una piattaforma molto complicata e quindi hanno detto facciamo un test, facciamo un video dove li facciamo vedere che cosa è, che cosa vogliamo fare con Dropbox, come si differenzia dalla concorrenza. Questo video è andato virale e soprattutto hanno avuto le metriche per dimostrare agli investitori che c’era mercato, hanno sviluppato la piattaforma e hanno cominciato a fare i primi numeri con gli sviluppatori e anche loro come tutte le altre startup avevano la necessità di crescere velocemente. Come si fa? Si fa che si prova a mettere budget su Google AdWords perché anche lì non c’erano tantissimi altri canali e mettendo budget su Google AdWords ovviamente anche lì nessuno cercava il cloud perché non avevamo l’idea di che cosa fosse e a cosa ci potesse servire quindi buco nell’acqua. Cosa facciamo? Cosa non facciamo? Il team Dropbox ha detto vabbè facciamo una cosa, facciamo un esperimento. Facciamo che copiamo quello che ha fatto PayPal ma invece di premiare con dei soldi, con una remunerazione monetaria chi invitava e chi veniva invitato, diamo spazio gratis nella nostra piattaforma. Quindi chi invita un amico, questo amico si registra, riceve dei giga gratis e il nuovo amico riceve anche su dei giga gratis per utilizzare la nostra piattaforma. Boom! Hanno fatto il botto, tant’è che in 15 mesi, quindi tipo un anno e mezzo, sono passati da 100 mila utenti a 4 milioni di utenti, cioè numeri pazzeschi, ok? In un arco di tempo molto limitato ovviamente su un investimento pubblicitario minimo perché hanno usato principalmente il loro prodotto per questa attraction.

Registrati e guarda subito gratis questa lezione!*

* Registrandoti potrai seguire gratis la prima lezione di ogni corso presente sulla piattaforma.

Prima volta su Studio Samo Pro?

Guarda il video e scopri come funziona la piattaforma