Trascrizione

Basta, basta, basta chiamare smart working qualcosa che non è smart working. Ecco, forse qualcuno di voi riconoscerà questa scena memorabile della Palombella rossa, un film di Nanni Moretti che se non avete visto vi consiglio molto bello, quasi onirico, in cui lui dice, in questa fase in cui c’è questa giornalista che lui incalza e gli fa domande, lui è Michele Apicella, ha perso la memoria, questa giornalista cerca di risvegliare in lui la memoria e comincia ad usare dei termini assurdi, nel momento in cui lei usa kitsch a lui viene malissimo, e dice, chi parla male, pensa male, vive male, bisogna trovare le parole giuste, le parole sono importanti, bellissimo, quasi un manifesto ed è quello che dobbiamo fare anche noi, usare le parole giuste, smart working non è remote working, non è home working, e quindi l’obiettivo di questo corso è quello di non solo sapere effettivamente cosa è smart working e usarlo nel modo corretto, ma anche capire perché si differenzia, come si differenzia e come assolutamente, non è una questione, una lezione della Precani o del Zingarelli, ma come poter applicarlo, quali sono gli strumenti in percorso per poter avvicinarci a questo. Io sono questo, in studio samo quando faccio quello che vedete lì, ho queste certificazioni e per contattarmi avete i contatti, poi vi lascio anche la pinta, saltiamo la parte noiosa e andiamo nel succo del nostro corso, di questo corso. Allora è strutturato nel seguente modo, sono sette punti, abbiamo pensato per voi, all’inizio tutto perché devi seguire questo corso, quindi spero nei primi minuti, nei primi dieci minuti scarsi di convincervi sul perché seguirlo, se arrivate in fondo a questi dieci minuti secondo me capirete perché è importante andare avanti fino in fondo. Poi un breve excursus sulla normativa in Italia, cosa non è smart working, cos’è lo smart working e poi il concetto di lavorare per obiettivi e soprattutto la parte che forse interessa di più, ma vedrete che senza la precedente non si capisce, è proprio come iniziare a impostare lo smart working. Alla fine per quelli bravi che arriveranno in fondo, dei tips concreti sul lavoro smart, specialmente se viene da remoto. Ecco ci tengo quando abbiamo pensato a fare questo corso con Jacopo, Flavio e i colleghi di studio Samo, ho guardato un po’ quali altri corsi ci sono sul web, sullo smart working, ecco molti parlano anche di validi, parlano molto della parte tecnologica, la parte normativa, come usare zoom, ecco quello che non vogliamo dare noi sono queste cose qua adesso, che contratto fare, ecco a noi interessa, l’obiettivo di questo corso è proprio molto di approccio e pratico su quello che è la nostra professione, la professione nel mondo delle digital agency, del mondo delle aziende, degli uffici marketing e anche nel mondo dei freelance. Bene quindi parleremo di strumenti, non è che non ne parleremo ma ne parleremo, vedrete che sono già assodati, è più l’uso di strumenti che farà differenza. Quindi ragazzi direi iniziamo la parte, aspetta che qua mi è dato, ok ditemi se sentite, spero di sì perché ho avuto un segno, andiamo. Allora perché devi seguire questo corso? Ecco ho un amico nella finanza che dice i soldi li puoi recuperare, il tempo no, ecco quindi non voglio farvi buttare via il tempo, dateci questi minuti per vedere effettivamente se vedete che può fare al caso vostro. Allora è solo una questione di pro e contro, ecco questa è la classica cosa quando uno dice facciamo smart working o non lo facciamo? Secondo me non è una questione solo di pro e contro, cioè sono un po’ evidenti i pro e i contro, diciamo quelli tradizionali, quelli che un po’ si dicono tanto di questi tempi, quindi i pro dello smart working, le riunioni sono più focalizzate sui temi, immagino che avrete avuto esperienza anche voi, meno uso di mezzi privati o pubblici, verissimo si usano meno i mezzi pubblici, cinquina meno, più tempo per la famiglia perché si sta più a casa, i contro, la life balance, quindi l’equilibrio della vita, vediamo che siamo sempre connessi, abbiamo sempre il telefono, sappiamo quando dobbiamo essere peribili, il danno che vengono fatti, adesso se ne parla tantissimo del discorso di tutti quegli esercizi che lavorano con la gente che va a lavorare in ufficio, e poi chiaramente i rapporti umani, siamo degli esseri sociali e vediamo che sta fuori dalle uffici, ma non per tutti ma sicuramente per molti, è impattante, è un peso, è un contro sicuramente indiscutibile. Ok ma è solo una questione di questi pro e contro, per quanto effettivi, reali, quello che ci deve fare convincersi a iniziare a ragionare o no di smart working? Io comincerei con questo trend, google trends, lo conosciamo tutti, smart working, Italia, che viene tradotto con lavoro agile, va bene non è il termine che amo moltissimo, ma il limite ne parliamo un po’ dopo. Ecco vediamo il trend della ricerca in Italia del termine smart working o lavoro agile, ecco praticamente dal 2015, zero, pochissimo, pochi casi, c’è l’esplosione in quel periodo che purtroppo tutti conosciamo, con la prima ondata del coronavirus, del covid, e abbiamo visto un’impennata pazzesca e adesso comunque si sta assestando nel tempo. Bene, ecco l’Italia improvvisamente ha conosciuto lo smart working, quindi è un termine che possiamo non affrontarlo più, beh è ricercato e comincia ad essere molto molto di interesse di tutti, tra l’altro vediamo che il livello regionale è piuttosto omogenea la cosa. Facciamo un salto, facciamo una ricerca analoga nel mercato americano, ecco nel mercato americano vediamo che lo stesso termine ha ricerche praticamente da sempre, già da prima, quindi sicuramente nell’ultimo periodo si è alzato, però non è una cosa nuova, nel senso che nel mercato statunitense che spesso sappiamo, specialmente nel lavoro come il nostro, è un po’ anticipa dei trend, ecco è un termine che si usa già da tempo, già da tempo, infatti non sto dicendo che loro, come dire, il problema della pandemia ha colto meno impreparati, però sicuramente girava già un po’ di più. Ma soprattutto ragazzi, oltre a questo discorso del fatto che è un argomento, è un argomento di interesse, infatti tanti ne parlano, io guardo questo, guardiamo qua, Google ancora, guardate, ancora in estate praticamente dice che i dipendenti potranno stare a casa fino all’estate 2021, questo vuol dire che 200 mila dipendenti torneranno all’ufficio nell’estate 2021, capite che questa è una scelta, se lo fa Google con tutta la struttura che ha, significa che può essere un trend. Twitter già da subito ha detto le persone potranno lavorare da casa per sempre, forever, cioè questi colossi, strutturati per quanto smart come vogliamo, hanno capito subito che non è che è una pandemia che ci, come dire, che ci obbliga temporaneamente ad affrontare la cosa, ma potrebbe essere effettivamente una soluzione del futuro. Andiamo avanti, Facebook vuole aumentare il lavoro da casa, anche Zuckerberg, entro 5-10 anni il 50% dei dipendenti sarà in perenne smart working, quindi capite che non vogliamo più considerarla questa cosa qua, queste sono delle aziende che anticipano, anche Microsoft che all’inizio, non so se vi ricordate all’inizio della, quando ci fu il primo attacco della pandemia, era un po’ titubante, dicevano noi, anche loro, dopo un po’ hanno detto che i dipendenti potranno scegliere, vediamo qua, se lavorare liberamente da casa o meno, quindi vedete, già si anticipa un concetto che vedremo tra poco, potranno, cioè non è neanche un obbligo, lo smart working vedete, a dire che poi si utilizza impropriamente, è una possibilità quella che viene data, questo è un concetto molto importante. Ok, bene, l’abbiamo visto, le grandi aziende di nostro riferimento, Facebook, Google, eccetera, lo stanno adottando o hanno in programma di adottarlo? Io vi chiedo questo, voi vi riconoscete di più nelle persone rappresentate a sinistra oppure nelle persone rappresentate a destra? Adesso non siamo in un’aula, però sono convinto che i membri degli studio Samo Pro per lo più sono come quelli di destra, magari con i quaderni diversi o senza quaderni addirittura o più quaderni, ma comunque è quel lavoro che vediamo sulla sinistra, quello della catena di montaggio, non ce lo sentiamo proprio nostro, no? Bene, allora qui entra in ballo il grande Peter Drucker, insomma uno dei padri del project management moderno, che nel 69 lui scrive questo libro bellissimo, The Age of Discontinuity, e comincia a parlare di gestione delle attività delle aziende in una società che cambia. In cui c’è una discontinuità rispetto al prima, rispetto a tutto quello che c’era prima, già si capiva nella fine degli anni 60. E cosa succede? Lui dice questo, leggo con voi l’affermazione di Drucker, in un’economia fondata sulla conoscenza, nella quale l’abilità consiste nel sapere le cose e dove va la tecnologia, e la situazione contingente cambia estremamente in fretta, 1969. L’unica certezza che possiamo avere per mantenere il nostro posto di lavoro è la capacità di imparare in fretta. Ecco, sembra scritto oggi, ma perché ovvio i visionari come Drucker lo capivano già da prima, e lui introduce questo concetto bellissimo, che oggi è caldo, ne parliamo tantissimo, di società della conoscenza. Ecco, il collegamento di società della conoscenza è quello di knowledge workers, di lavoratori della conoscenza, che un po’ si contrappone con i lavoratori, quelli che abbiamo visto prima, quelli meccanici, avete presente, quelli in cui c’è uno che ti dice cosa devi fare e gli altri eseguono, tu non hai bisogno di tante cose, devi eseguire. Quali sono le caratteristiche di knowledge workers? Allora, etnologicità demografica, ecco, soprattutto grazie alla globalizzazione, ma non solo, la forza del lavoro sta cambiando, educazione, etnia, si deve andare d’accordo con gli altri, cioè è molto diverso da quello che vedevamo nella fabbrica tayloristica, in cui erano praticamente tutti uguali, tutti presi nella zona, culturalmente omogeni, eccetera, eccetera. Quello culturale sta cambiando moltissimo di lavoratori della conoscenza. La fluidità, anche i confini tra un lavoro e l’altro sono sempre netti, a volte si sforza tantissimo, prima quando si era in catena di montaggio, se tu avevi quel passaggio, mica andavi a fare l’altro, avevi solo quello lì, nel nostro lavoro c’è molta più fluidità. Poi flessibilità, ecco, noi siamo impegnati nell’arco della giornata, nello stesso modo abbiamo dei picchi diversi, possiamo ricoprire dei ruoli diversi all’interno della stessa giornata, ditemi se nel vostro lavoro da marketer o da digital marketer fate sempre la stessa cosa, ad esempio, parlano anche per noi, per quanto siamo un’agenzia minimamente strutturata, capita che ad esempio nel mio caso gestisco progetti, faccio anche un po’ di content che è una parte che mi compete come specialist, supporto i colleghi a fare un’attività, ci moderiamo un po’, insomma c’è tante cose, non è che abbiamo solo un cappello. Quindi diventa importante non solo saper fare delle altre cose, ma anche gestire le relazioni con le altre persone, la capacità di negoziazione, di cooperazione non è uguale a quella della catena di montaggio, era molto più semplice all’epoca. Poi l’autonomia responsabile, cioè il nuovo lavoro concede discrazionalità, non sappiamo più esattamente come deve fare, noi dobbiamo avere delle competenze al punto che anche Brackett dice bisogna studiare sempre, dobbiamo avere capacità di analisi, di diagnosticare, di capire come pianificare il nostro lavoro, ecco questo è il lavoratorio della conoscenza, questo avviene solo all’epoca, veniva solo agli apici aziendali, oggi avviene a tutti i livelli dell’azienda. La collaborazione, beh chi lavora da solo adesso, per carità ci sarà anche qualcuno che lavora da solo, ma sappiamo che il lavoro diventa così specializzato che è fondamentale poter collaborare con altri, noi lo vediamo nel lavoro di tutti i giorni in agenzia, abbiamo delle figure molto verticali che devono masticare un po’ tutti, ma senza la collaborazione non puoi mai fare delle grandissime campagne, poi ci sta uno che un po’ si arrange a far tutto, ma ditemi se ad esempio chi fa la SEO riesce a fare anche graphic design o fare la moderazione sui social, per carità tutto si può, ma a certi livelli capite che le professionalità sono anche molto diverse, quindi la collaborazione è importante, è importante anche tutte le soft skills e poi la visione chiaramente, cioè l’interdipendenza del lavoro porta anche a fare tutto in base a una visione, quindi come dire, se dite che il lavoro dello smart working è solo lavorare via Skype o via Teams, ecco vedete stiamo entrando non tanto su una questione degli strumenti, stiamo entrando in una tipologia di lavoro che richiede non più il lavorare otto ore al giorno, noi siamo ancora pagati in realtà per lavorare otto ore al giorno, ma in realtà quello che produciamo, il valore che facciamo non è quello, è risolvere dei problemi. Ecco altri numeri, infine per vedere, insomma il 58% delle grandi organizzazioni ha introdotto un progetto strutturato, questi sono dei dati di un osservatorio del Politecnico di Milano, ragazzi, del 30 ottobre 2018, l’ultimo fatto bene indagini, quindi ben prima della pandemia in cui il Politecnico, a parte che era un osservatorio costante, ha aperto un osservatorio dedicato ai smart working e già allora c’erano delle aziende che stavano lavorando, chiaramente il campione è di aziende proprio strutturate, quindi vediamo già il 58% delle grandi organizzazioni avevano introdotto un progetto strutturato, iniziano a lavorare da qualche anno fa, 480.000 smart worker tracciati, la maggior parte sono maschi e vivono nel nord ovest, quindi vediamo tutto chiaramente il bacino di Milano, quindi significa che già si iniziava, che significa che lavoravano da casa? No, però facevano smart working, adesso vediamo. In questo campione c’è stato individuato un meno 20% di assenteismo, le persone lavorano di più, non si ammalano perché se sei lì lavori lo stesso e sono presenti meno 20% di assenteismo, è un dato molto importante ragazzi, e non solo, allo stesso tempo 15% in più di produttività, quindi vuol dire che qua non è che ci sia tanto, sono in un’intervista, ho letto anche i dettagli, intervistavano i manager dicendo come avete visto la produttività in questo periodo di smart working, ecco qua parliamo ragazzi prima, cioè quindi smart working già vero nel senso già più pensato, e soprattutto un altro dato interessantissimo, perché non è sempre un’agevolazione del lavoratore, ma anche dell’azienda un meno 30% di costi di gestione stimati, pensiamo agli affitti, le utenze, l’energia elettrica, le manutenzioni, questo significa non avere più l’ufficio? No, ma che magari l’ufficio sarebbe abbastanza un po’ più piccolo, oppure non deve essere tutto illuminato, tutto riscaldato eccetera eccetera, quindi secondo me già da questo excursus che non vuole essere completo, perché vogliamo entrare subito sul pezzo dell’argomento, vediamo che è un trend impossibile da non prendere in considerazione, soprattutto se siamo dei knowledge workers, dei lavoratori della conoscenza, che senso ha ancora lavorare nello stesso modo. Spero di avervi un po’ convinto, almeno da approfondire, allora normativa in Italia, questo corso non ha l’intenzione ma neanche la necessità di approfondire troppo la normativa, secondo me quello che ci interessa sapere in questa istanza è un po’ sapere la legge di riferimento, la legge 81 del 2017, in cui proprio viene introdotto le misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misura volta a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato. Ecco, io la cito all’articolo 18 che parla di lavoro agile, già lì un termine d’agilista non corretto, parliamo di smart working, che nonostante come dire spesso la legislazione come sappiamo è legislazione, l’italiana è particolarmente mano solo e innovazioni non vanno tanto a braccetto, però in questa legge che è arrivata comunque tardi nel 2017 già vengono toccati di punti interessanti, molto interessanti, quindi nel suo essere comunque all’italiana devo dire che ha toccato di termini molto interessanti che vengono spesso trascurati. Alcuni, li prendiamo ad esempio, ha lo scopo di incrementare la competitività, ok, allora si promuove il lavoro agile, quale modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato? Quindi ragazzi, lavoro smart, troppo facile, libero professionista che fa smart working, questo è chiaro, la grande sfida è portare l’approccio smart, il lavoro subordinato da dipendenti, essere normale di digitali con la parte iteriva è un discorso, essere un’azienda, un team in un team marketing o un’agenzia come la nostra per esempio, è tutta un’altra questione. Stabilita mediante accordo tra le parti, quindi no stai a casa oggi, non vieni più in ufficio, quello non è un accordo tra le parti, è un accordo tra le parti. Poi si dice ciclo obiettivi, ok, senza precise vincole di orario o di luogo di lavoro, orario o di luogo di lavoro, già ci sono elementi, ne parliamo sempre di luogo. Con possibile utilizzo di strumenti tecnologici, quindi anche la possibilità di usare gli strumenti tecnologici, chiaramente. Poi un altro punto interessante, si dice la prestazione lavorativa viene eseguita in parte all’interno dei locali aziendali e in parte all’esterno, quindi anche qui già prevede, non è un obbligo che sia un po’ e un po’ lo smart working, vedete, si dice in parte all’interno dei locali aziendali e in parte all’esterno. Un altro punto interessante, ecco anche questo, il datore di lavoro è responsabile della sicurezza del buon funzionamento dei strumenti tecnologici, quindi non è che ti lascia a casa e sono affari tuoi, cioè se uno vuole introdurre lo smart working deve prendersi comunque cura della sicurezza del lavoratore e anche che abbia gli strumenti per poterlo fare. La cosa interessante è che, come dire, ci sia una citazione di questo approccio, anche un’introduzione verso le amministrazioni pubbliche, che sappiamo in Italia non è che siano così tanto innovative, quindi interessante. Poi qui non ho aggiunto, vabbè me lo dico a voce, si parla anche, perché se ne sente anche recentemente parlare, che il lavoratore agile, comunque smart, deve avere la stessa retribuzione, cioè è troppo facile lavorare da casa e io ti pago meno. Non è questo il concetto del lavoro smart, assolutamente, è uguale, è la stessa cosa, si fa se conviene sia a te sia all’azienda, questo è un po’ il concetto. Poi la normativa, abbiamo visto, il fiume di PCM che abbiamo visto dal primo marzo 2020, in cui si introduce per necessità le nuove modalità di accesso al smart working, fino adesso ad aprile e anche a ottobre, il 19 ottobre, è stato ripreso il concetto del smart working, quindi adesso non ha senso fare un elenco completo perché chissà quante nel tempo ne verranno ancora, comunque sono state fatte sempre questi decreti, un po’ di emergenza. Questa è la normativa di riferimento, su web trovate un sacco di riferimenti, quindi non ha secondo me senso in questa sede approfondirli, comunque le basi ce le avete. Io direi di partire, prima di dire cos’è lo smart working, dicendo cosa non è lo smart working. Anassagora, il filosofo greco, che tra l’altro so che è anche caro a Jacopo, perché a volte lo cita, lui sosteneva che la conoscenza nascesse dal contrasto tra gli elementi, quindi per capire il caldo devo sentire cosa è il freddo, per assaporare il dolce devo assaporare anche l’amaro. Ecco quindi direi, per capire lo smart working, prima di tutto andiamo in negativo, diciamo subito cosa non è lo smart working. Ecco questo non è lo smart working, quindi mantenere le abitudini lavorative dell’ufficio e trasportarle a casa, questo non è lo smart working. Lavorare da casa e timbrare al mattino dicendo quando si è in servizio, quando si esce, non è tanto smart working. Neanche fare il competino davanti allo schermo, precisi, puntualissimi, dalle 9 alle 17, anche quello non è lo smart working. Essere sempre disponibile, sono a casa, in lo smart working devo essere sempre disponibile, qualsiasi ora mi chiamano, mi scrivono, mi chattano, anche quello non è proprio smart working. Neanche uno che ti dice lavoriamo tutti da casa, no, non è smart working se tu mi obbliga a lavorare da casa. Ecco il nomad è digitale, adesso lo cito perché è una cosa che spesso ci sono dei modelli su web senza fare tante citazioni che è meglio restare nel politicamente corretto. Ecco il nomad è digitale, voi lo considerate smart worker? Beh di base un freelancer può lavorare da dove vuole, quindi è troppo facile, non sto dicendo che è facile in senso assoluto perché comunque bravo se riesci a lavorare dai grattacieli di Dubai, però il concetto è che quello non è lo smart working perché quello è già insito nella professionalità del consulente esterno, del libro professionista. Noi parliamo di smart working a organizzazioni, se avete uno staff, un ufficio, quello è smart working quando si fa in quei contesti. Quindi queste belle immagini sono belle, possono corrispondere a uno smart working, però spesso vi dico in realtà lo sappiamo bene è tele lavoro, home working e remote working. Quindi tele lavoro, home working è lavorare da casa, quello che tanti di noi ha fatto durante il lockdown, e remote working invece è già migliorativo perché non ti prevede più che lavori da casa ma che tu sei libero di lavorare da remoto. Bene, penso che abbiamo cominciamo ad avere le idee più chiare, almeno a esclusione, via. Cosa è lo smart working allora? Allora semplifichiamolo, semplificiamolo al massimo, è una modalità di lavoro che non prevede stringenti vincoli di spazio, ora e strumenti. Questo è lo smart working, è chiuso qua, sono tre sfere che sono importantissime e il problema è che spesso ne affrontiamo solo una, lo spazio è una, quindi dove lavoro, ma anche l’orario è smart working, perché se io ho obbligo a lavorare da casa, ma ho l’orario fisso, questo non è smart ragazzi. E anche l’uso dei tool, dei tool che mi consentano di lavorare anche altrove, dei tool collaborativi che te lo consentono e che le puoi usare anche in luoghi fuori dall’ufficio. E magari anche tu possa scegliere quale tool utilizzare, se sai bene cosa devi fare. Quindi queste sono le tre sfere e spesso se ne parla solo di una, o al massimo di due, una e mezza, diciamo così. Però vi dico un po’ come piace a vederla a me, e non sono l’unico a vederla così, al di là del metodo di lavoro. In realtà, ed è quello che secondo me che spero ci portiamo tutti a casa da questa chiacchierata, che poi parlo solo io, ma io mi sto immaginando avervi qui di fronte a me, è una filosofia manageriale che punta a dare maggiore flessibilità e autonomia ai lavoratori. E questo è lo smart working, teniamo davvero come una filosofia, sicuramente una parte molto filosofica di mindset manageriale, di gestione, non è solo un metodo, è gestionale, ok? L’obiettivo flessibilità e autonomia ai lavoratori. Vedete che sono due cose che devono in qualche modo bilanciarsi, infatti se vogliamo usare, trovare tre keywords, in Italia non è tanto caro a noi, digital marketing specialmente a Iseo, io direi di pensare a questi tre concetti. Il primo è il rapporto di fiducia tra aziende e lavoratore, sicuramente lo smart working deve essere visto come un contratto di fiducia, ok? Senza la fiducia si fa fatica, se non c’è la fiducia non puoi far smart working, quindi da una visione un po’ autoritaria del capo e team sotto, il capo deve in qualche modo supportare il team, questo è un passaggio importante. Però al stesso tempo la responsabilizzazione, ecco il lavoratore deve avere un senso di responsabilità, deve essere autonomo, non può più, ovvio che chi vuole lavorare in smart working pretende o gli viene concesso di fare questo, deve sentirsi responsabile, deve sapere portare a termine il proprio lavoro e soprattutto non perché uno ti controlla, ma perché lo devi fare, sei responsabile, quindi capite che è assurdo parlare di strumenti finché non tocchiamo questi argomenti. Queste tre parole chiave vanno affrontate bene, prima di tutto è quello che dovete fare adesso, appena finire il corso, dire bene, guardiamo questa roba qua, sono in grado o non sono in grado. L’ultimo, che è importante, altresì importante, è la valorizzazione dei talenti, perché lo smart working deve creare le condizioni per valorizzare i talenti e anche per trattenerli in qualche modo, quindi capite che se lo staff non è motivato, non è capace, lo smart working diventa un po’ più difficile, lo smart working prevede persone di talento, comunque volenterose, responsabili abbiamo visto, e che abbiano la fiducia dei titolari, dei manager, di quello che sono. Quindi cosa significa una buona comunicazione? Perché altrimenti si fa fatica anche a far stare bene alle persone, quindi direi che, ecco qua, la formazione, scusate, infatti l’avevo messo nella grafica, la valorizzazione dei talenti significa anche mettere nelle condizioni chi impara in un centre, perché noi siamo due cittadini, già da Bracker, dobbiamo studiare sempre, ma poi la cosa incredibile è che tutto questo è proprio veramente cade perfetto con il lavoro nostro del marketer. Io ho pensato questo, chissà cosa pensate voi, non vedete che in realtà l’ufficio non è necessario perché è il collante, cioè è quella cosa, è quel fattore che ci permette di lavorare insieme. Spesso l’ufficio si lavora insieme perché siamo insieme, perché abbiamo un problema, cioè stiamo andando a chiedere al collega, oppure ci vediamo davanti alla scrivania, oppure comunque ogni tanto il manager dice, per far lavorare le persone devo passare a vedere che tutti i lavori non sono nella macchina del caffè, non vanno a tagliarsi i capelli, tutte queste cose qua. Quindi l’ufficio, io lo vedo forse così, quando mi chiedono perché è così indispensabile, alcune aziende e organizzazioni sono terrorizzate dall’idea di avere l’ufficio, perché infatti è il collante, è quella cosa che ti permette di lavorare tutti insieme. Quindi nel momento in cui non abbiamo più l’ufficio, o meglio non è più obbligatorio tutti i giorni della settimana, non è più obbligatorio, non è più, non diventa più il collante. Qual è il collante? Cioè come si fa a collaborare insieme? E questa è la domanda che ci si pone giustamente quando si cerca di trovare dei sistemi di lavoro alternativi. Ragazzi, gli obiettivi, il lavorare per obiettivi, questo è assolutamente quello che dovrebbe essere in un’ottica smart il collante delle persone di un’organizzazione.

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