Lezione 1 di 19
In Corso

1.1 – Introduzione a Google Ads

Domenico Boccone 1 Giugno 2025

Trascrizione

Buongiorno e benvenuti all’interno del corso in Google Ads. Io sono Francesco Gavello, sono consulente, formatore, public speaker, imprenditore. Mi occupo fondamentalmente di due cose, da un lato di Google Ads e incidentalmente, mi piace dire, di Google Analytics. Insomma, è un po’ strano che chi lavora in advertising non vada naturalmente a analizzare i dati di traffico, persone reali, quando queste sono arrivate sul nostro sito. Quest’oggi parleremo proprio di Google Ads, uno degli strumenti più interessanti, mi verrebbe da dire, per andare a lavorare e intercettare il nostro potenziale cliente là fuori. Oggi abbiamo un’agenda, abbiamo un’agenda abbastanza, diciamo, fitta e interessante che ci porterà a toccare tutta una serie di temi preziosi per chi vuole lavorare in Google Ads, per chi vuole, in qualche modo, avere a che fare con questo strumento un po’ strano, anche un po’ difficile, se vogliamo, da affrontare per chi davvero non ha mai avuto a che fare con l’advertising. Quindi, oggi abbiamo un’agenda. Oggi toccheremo diversi temi, li toccheremo in maniera razionale, progressiva, partendo da un grande dualismo, se vogliamo, SEO contro pay per click, SEO meglio o peggio di pay per click, vedremo che non c’è un vincitore, ma partiremo in maniera, diciamo così, un pochino più morbida per avvicinarci progressivamente al tema. Parleremo di cosa significa fare advertising oggi, cosa significa avere a che fare con un account Google Ads e inizieremo ad orientarci un pochino di più in piattaforma. Vedremo alcune opzioni comuni tra tutte le campagne o quasi e che cosa significa lavorare ai diversi livelli, tra campagna, gruppo di annunci e annunci. Fatto ciò, ci sposteremo su due grandi pilastri in piattaforma. Parleremo di campagna ricerca, con tutto ciò che significa effettivamente fare keyword research e parleremo di campagna display, andare quindi ad esplorare, a solleticare quella domanda latente, andando a posizionare annunci illustrati, banner, sulla Google Display Network. Parleremo quindi delle opzioni di targeting che ci consentiranno di andare a scremare tutto quel mare magnum di utenti che là fuori fanno capo a segmenti di pubblico, visitano siti con argomenti, vedono video su YouTube e quant’altro ancora. Chiuderemo il nostro percorso andando a parlare di il motivo per cui stiamo facendo advertising, parleremo di conversioni, parleremo di cosa significa tracciare conversioni e come effettivamente la piattaforma ci offra più di una soluzione per iniziare a conteggiare ciò che davvero per noi è importante. Non dimentichiamoci che in piattaforma stiamo naturalmente lavorare costruendo segmenti di pubblico e questi segmenti di pubblico tornano utili per in qualche modo reiniettare nella discussione fatta fino a quel punto ulteriori specializzazioni. Parlare di pubblico in piattaforma significa dedicarsi a tutto ciò che può essere la raccolta del nostro target ideale, parlare di origini dei dati e di connessione della piattaforma ad altri strumenti che gravitano nella galassia dei servizi di Google. Partiamo da un ragionamento non scontato, vediamo se fin qui può tornare, parliamo di SEO e parliamo di pay per click. Ora vediamo se questo vi torna, fare SEO significa avere a che fare con l’insieme di strategie e pratiche volte ad aumentare la visibilità di un sito internet migliorandone la posizione nelle classifiche dei motori di ricerca. In questo caso parliamo di risultati non a pagamento, risultati detti puri o organici e potremmo dire che fare SEO significa lavorare su tutto ciò che riguarda la SEO on site, quindi lavorare sul perfezionamento del proprio sito e tutto ciò che riguarda invece SEO off site, quindi andare a ottenere una spinta invece data da siti di terze parti, questo semplificando enormemente ovviamente il tema del fare SEO. Dall’altra parte parlare, parleremo oggi di pay per click, significa andare a sfociare tutte quelle attività di marketing pagato che hanno come obiettivo mostrare, questa è la parola magica, mostrare non posizionare il nostro sito per ricerche, per contesti che possiamo definire rilevanti. Ora una domanda che spesso si fa a questo punto è ma davvero se io investo del denaro in Google Ads non ho risultati migliorati lato SEO? Naturalmente no, Google tende a separare nettamente gli ambiti, immaginate quanto potrebbe diventare complicato anche giustificare un certo posizionamento organico di un brand che magari investe parecchio in ADV, c’è da dire che naturalmente ci sono degli effetti come dire minori, sono in atto naturalmente degli altri comportamenti che non si possono trascurare, credo sia normale pensare che un brand che gode di un’alta visibilità grazie al contributo di campagne a pagamento possa essere più riconosciuto in organico e quindi anche come dire meglio apprezzato e meglio impiegato come click che andiamo a regalare a questo interlocutore rispetto agli altri, ma non c’è una diretta naturalmente corrispondenza, se investo di più in campagne Google Ads non guadagno posizionamenti in organico, quindi SEO e pay per click, la domanda a questo punto diventa che cosa voglio ottenere, in quanto tempo, naturalmente fare SEO spesso viene descritto come una maratona, fare SEO significa investire tempo ed energie per lavorare duramente sui contenuti, sulla struttura del sito, sulla velocità delle pagine, su una quantità di spunti diversi, dove il risultato non arriva subito come una maratona, io passo passo arrivo con un lavorare continuo sulle potenzialità, sui muscoli del mio sito, a ottenere un certo posizionamento e poi lo devo mantenere, fare ADV invece è più come uno scatto sui 100 metri, se pago mi vedono, se pago molto posso andare a competere in aste, vedremo cosa significa questo concetto, più competitive, se il budget finisce, se la carta di credito si rompe, se la connessione non viene mantenuta e quando smetto di pagare sono invisibile quanto lo ero prima, quindi non possiamo davvero dire che fare ADV sia meglio o peggio del lavorare lato SEO, né viceversa, possiamo invece dire che un contributo lato organico e lato pay per click possa essere strategico, rilevante per qualsiasi progetto là fuori, abbiamo bisogno di entrare, così come, giusto per allargare un attimo lo spettro, abbiamo più che bisogno anche di lavorare su tutti gli altri canali che possono diventare touch point nella journey, come dicono quelli bravi nel percorso di avvicinamento di un cliente verso di noi. Ora, se fin qui ci torna e se queste idee in qualche modo ci suonano familiari, possiamo iniziare a capire davvero che cos’è Google Ads. Google Ads secondo voi è complicato o complesso? Questa domanda rivela un po’ il mio essere umanista, non sono un ingegnere, non sono un matematico, anche se con i numeri ci lavoro, di fatto credo che sia molto interessante farsi questa domanda prima di molti altri aspetti più tecnici. Ora, complicato deriva dal latino complicare e significa piegato, confuso, a noi è arrivato come termine l’italiano plico, che nasconde un contenuto all’interno, complesso invece è tutt’altra cosa, complesso deriva dal latino complexus e significa ciò che è risultante di più parti interdipendenti tra di loro, in italiano è arrivato ai giorni nostri con il termine complesso, ma quello musicale dove la sinfonia suonata è risultante di una serie di elementi, strumenti musicali che suonano e cantano all’unisono. Ora, complicato ragazzi è un enigma che possiede una sola soluzione, come dire una volta trovata la soluzione a quell’enigma, l’indovinello, non è che c’è molto altro da fare, tutti d’accordo su questo, complesso invece è un problema politico, economico, sociale, qualcosa che presenta più soluzioni possibili, in cui non c’è la risposta ma c’è un progressivo avvicinarsi allo scenario ideale, alla risposta pochino più vicina a quello che ci serve, quindi potremmo davvero affermare che Google Ads non è complicato, è complesso, è come dire organizzata questa piattaforma in modo da offrirti più di uno scenario ideale, si possono ottenere risultati attraverso architettura di campagne anche molto diverse l’una dall’altra, posso adottare un approccio che è diversissimo dal mio competitor perché decido di impiegare campagne display, campagne ricerca, di usare opzioni di targeting diverse, di lavorare in momenti diversi della giornata, non c’è la risposta giusta, non vi racconterò come progettare la campagna ideale ma vi parlerò di strumenti, di ingranaggi, di rotelle, di meccanismi che potrete impiegare a seconda del progetto, del servizio che avete in mente per andare a avvicinarvi sempre un po’ di più alla risposta che state cercando di ottenere dal vostro cliente. Ora diciamolo una sola volta, conviene naturalmente dirlo a questo punto ma giusto per sottolinearlo io non sono legale, non vi offro un consiglio legale, è bene però sapere che tutte le attività che si vanno a fare in Google Ads richiedono un’adeguata gestione di tutto ciò che è privacy e cookie policy. Google Ads è uno strumento profilante, ha a che fare con la raccolta di dati degli utenti che devono essere gestiti in maniera consona alla GDPR e quindi non improvvisiamo, non andiamo a inventare soluzioni perché da advertiser abbiamo fretta o perché il cliente ce l’ha chiesto, cerchiamo di affidarci a un legale esperto che ci possa guidare e far capire come operare al meglio con queste piattaforme. Ora proviamo a fare un passo in più. Che cosa significa realmente fare advertising oggi? Potremmo dire che fare advertising i giorni nostri significa riflettere su una domanda non così scontata. Qual è la moneta dei nostri tempi? La moneta dei nostri tempi, alcuni rispondono quasi di pancia, è il tempo. Io apprezzo moltissimo questa risposta perché in qualche modo fa capire anche in che tempi viviamo. Il tempo, qualcuno dice le persone, ci sono tante risposte che sono anche in questo caso, perché no, ugualmente valide, ma ciò su cui voglio porre il fuoco è che la moneta dei nostri tempi è l’attenzione. La moneta dei nostri tempi, signori, è l’attenzione e significa che l’attenzione è bene limitato. L’attenzione di un potenziale cliente là fuori è qualcosa di finito, limitato e ci sono sempre più giocatori che vanno a competere per questa attenzione. Sono finiti da moltissimo tempo gli anni in cui fare ADV significava esplorare una sorta di frontiera in cui eravamo precursori con i nostri progetti o i progetti dei nostri clienti e bastava anche un investimento, se vogliamo, molto contenuto, molto esplorativo per farsi trovare da persone che in qualche modo si ricordavano di te perché eri l’unico. Oggi pensate alle infinite alternative che abbiamo anche solo quando dobbiamo cambiare zaino per computer, quando cerchiamo una sedia da ufficio ergonomica, cerchiamo un monitor perché vogliamo avere più spazio con cui lavorare tutti i giorni. Decine, centinaia di alternative ci vengono proposte da altre, tanti competitor, competitor che cercano di ottenere un briciolo della nostra attenzione. Ora, come possiamo generalizzare quest’idea ancora un pochino di più? E’ che gestire e coccolarla questa attenzione è il nostro compito più importante. Un advertiser lavora con l’attenzione. Piattaforme come Google Ads ci permettono di andare a controllare in maniera precisa come vogliamo intercettare o no l’attenzione del nostro potenziale cliente, quali momenti vogliamo dedicare alla raccolta di questa attenzione, se ha senso naturalmente farlo, ma stiamo parlando di attenzione. Un altro modo di dire la stessa cosa è provare a parlare di domanda consapevole e domanda latente. Come si muovono i nostri potenziali clienti in rete? Potremmo dire che attraverso un oggetto di domanda consapevole noi descriviamo un potenziale scenario. Descriviamo uno scenario anche molto banale, magari capitato a molti là fuori, del tipo devo uscire a cena, l’auto non parte, quindi tiro fuori il cellulare e cerco assistenza Toyota vicino a me, carrozziere aperto ora, supporto eccetera eccetera, compare un risultato, lo clicco, chiamo il più vicino centro di assistenza. Questo è uno scenario assolutamente comune, io ho identificato un problema di questa natura ma ce ne sono viaia di esempi simili e faccio una domanda specifica al motore, spesso vado e mi recco su Google per porre questa domanda al motore e ottengo delle risposte. Noi possiamo intercettare attraverso Google Ads quelle domande, quelle query e andare a offrire la nostra risposta. Nel caso specifico avrete visto tutti un annuncio di testo all’interno di Google in questo caso. Ma naturalmente allargando un po’ anche lo spettro, parlare di domanda consapevole significa parlare di tutti quei momenti in cui l’utente attivamente si muove per risolvere un dubbio o una domanda appunto che ha in testa. Di contro, dall’altra parte, abbiamo il concetto di domanda latente, parlare di domanda latente significa allargare ancora di più lo scenario e parlare invece di persone che solitamente si interessano di alcuni temi, magari Francesco solitamente legge e si interessa di fotografia, mentre naviga, mentre fa le sue cose in internet, inizia a notare che qualche banner inizia a parlare della nuova Reflex lanciata dalla marca famosa, del corso di fotografia che nella città ti aiuta a usare quella macchina fotografica, magari della mostra fotografica che si è appena proposta e l’hanno appena inaugurato. Io, dato che appartengo ad un insieme di persone che condividono caratteristiche simili, sto ragionando in questo caso per insiemi di pubblico, l’amante della fotografia, inizio a vedere su tutti i siti o quasi in cui vado a navigare ogni giorno contenuti, banner, che parlano di mostra fotografica, la Reflex, il libro con le fotografie eccetera eccetera. Parlare di domanda consapevole, di domanda latente, è fondamentale quantomeno per posizionare mentalmente le nostre campagne. Cosa vado a fare? Con quale ambizione? Cosa vuole cercare di ottenere la mia campagna? È una campagna che Google mi offre per andare a intercettare una domanda consapevole, quindi parliamo, spoiler, di campagne ricerca, oppure voglio solleticare una domanda latente, voglio muovere a clic persone che magari in quel momento stanno facendo tutt’altro e quindi stiamo parlando di campagne display. Allora a questo punto uno potrebbe alzare la mano e dire ma scusa Francesco ancora senso parlare di Funnel? Perché questo era il momento in cui anche nelle edizioni precedenti di questo corso io vi citavo il concetto storico, il concetto di Funnel, parlandovi di come Elias Lewis circa nel 1898, pensate quanti anni ha questo Funnel, descriveva questa cosa qua, parlando di tre momenti, top of the Funnel, middle of the Funnel, bottom of the Funnel, in cui l’utente si trovava a muoversi dall’alto verso il basso prima di compiere un acquisto. Il che va anche bene e per carità è meglio il Funnel di non avere mentalmente nient’altro, il problema è che Funnel ha più di 120 anni come modello, è nato in un momento in cui parlare di media significava parlare di radio, carta stampata, pochissimo altro, non di certo di Facebook, di Google Ads, di TikTok, di LinkedIn, di SEO, di Theme. Il Funnel in qualche modo anche solo guardate come si pone, parlare di invuto o di Funnel tende ad avere anche un concetto di gravità dall’alto verso il basso l’utente fluisce. Ma è un po’ riduttivo forse descrivere un modello oggi che prevede che un utente che non sa che esisto in alto Funnel mi scopre, che valuta a centro Funnel chi sono e poi compra come se non potesse fare altro. La realtà è che sì, per anni si è parlato di Funnel, però Funnel è un modello, un modello che cerca di razionalizzare dei processi che forse non sono così tanto lineari, anzi quando poi parli di Funnel con un interlocutore, con il tuo cliente, il cliente per il quale stai facendo advertising, spesso il dubbio diventa ma l’utente non si chiede qualcosa d’altro quando è arrivato qui, ma non va a risolvere dubbi, ma non è che c’è un micro Funnel nel Funnel del Funnel, è un modello riduttivo, le persone non sono così razionali, anzi lo sono moltissimo, ma il processo non è lineare nel momento in cui devono compiere un acquisto. Il processo d’acquisto potrebbe essere lineare fino al momento di andare a pagare e poi prendere una deriva completamente distante perché sorge un dubbio dell’ultimo minuto e l’utente non compra. C’è quindi qualcosa di meglio del parlare oggi di Funnel? Beh sì, più che parlare di Funnel possiamo parlare di Messy Middle. Messy Middle, questo termine un po’ strano, proposto da Google qualche tempo fa, che tenta di descrivere al meglio cosa succede quando abbiamo a che fare con un potenziale cliente e il Messy Middle si pone così. Osserviamo per un attimo quest’immagine, il Messy Middle ti dice, dall’alto, quando abbiamo il Trigger, fino al fondo, dove abbiamo il Purchase, l’acquisto con la sua esperienza, c’è al centro questa sorta di simbolo dell’infinito che quasi davvero è un simbolo dell’infinito, oscillazione, cioè al centro, tra una fase di esplorazione e di valutazione che continuamente, continuamente, tra una fase e l’altra porta l’utente ad oscillare tra esplorazione e valutazione di ciò che ha trovato. Quindi quando abbiamo un dubbio e vogliamo provare, ora risposta a quel dubbio, quando abbiamo una necessità e vogliamo capire come andare a rispondere, quali interlocutori abbiamo per rispondere a quella domanda, qualche modo dal Trigger ci troviamo rapidamente a oscillare in questo mare in tempesta, in questo Messy Middle, in questo pasticcio centrale, dove, osservate anche il satellite che gravita attorno a questo Messy Middle, l’esposizione deve rimanere centrale. Ora su Messy Middle torneremo a parlare più volte durante questo nostro percorso insieme, ma è fondamentale immaginarsi che Messy Middle, o meglio, che il funnel in qualche modo sia riduttivo e l’utente non fluisce da uno step all’altro in maniera ordinata. Quello che succede è che invece abbiamo a che fare con un caotico mare in tempesta tra Trigger e acquisto, in cui dobbiamo cercare di mantenere esposizione e presidiare i possibili touch point dell’utente. Quindi potremmo dire che il Messy Middle, a differenza del funnel, va a descrivere uno scenario un pochino più realistico, tra la prima azione dell’utente che vuole risolvere un’esigenza e l’acquisto, esiste questo burrascoso mare in tempesta, in cui l’utente oscilla tra esplorazione e valutazione, in cui l’esposizione è assolutamente da preservare. E’ anche un modo di dire che forse non ti basterà una sola campagna ben strutturata, sono oramai rarissimi i casi in cui un’unica e sola campagna può servire a ottimizzare i risultati di un account. Non basterà neanche affidarsi a un solo canale, neanche se quel canale è Google Ads, in cui possiamo fare moltissimo. In quel Messy Middle, tra esplorazione e valutazione, abbiamo anche bisogno di presidiare il fronte organico, di lavorare sulle aspettative dell’utente rispetto a quali e quanti social dovremmo presidiare anch’essi. Esiste anche nel Messy Middle il presidio dell’email marketing, è fondamentale. L’utente potrebbe decidere a un certo punto, grazie alla nostra campagna, di lasciarci un indirizzo email, di sfociare in tutto ciò che è marketing automation e allora non possiamo dimenticarci che in quel momento il marketing va magari a presidiare e perché no, riuscirà in qualche modo a riportare l’utente sul sito in cui, lo vedremo nel nostro percorso insieme, raccogliere utenti o ottenere dati sul nostro target. E’ anche un modo di dire che il posizionamento di brand è fondamentale, non possiamo sperare di arrivare comunque ad un utente a freddo e in qualche modo cercare di ottenere una vendita, sarebbe irrealistico. Il posizionamento del brand, dei nostri prodotti e l’esposizione del nostro brand per rimanere visibili in quel mare in tempesta è fondamentale, non possiamo immaginare che un utente che non ci conosceva ci ha visto una volta, a quel punto si è ricordato di noi e basta e ha fatto un’altra ricerca e quindi con quell’unico touch point ulteriore è andato poi sul sito e ha messo a carrello e poi dato che ha messo a carrello sicuramente uno su due va e compra. Ragazzi no, quello che succede è che normalmente abbiamo a che fare con centinaia di interazioni con il nostro sito, con le nostre campagne, prima di far arrivare un ordine, un lead, un acquisto o quel che deve essere, prima di portare l’utente a conversione parliamo di osservare spesso negli strumenti di analisi centinaia di interazioni con il nostro sito, quindi anche in questo caso il Messy Middle racconta una semplice verità, questo mare in tempesta al centro va affrontato, va navigato, non possiamo purtroppo girarci intorno e dobbiamo governare la nostra nave in questo mare in tempesta e lo possiamo fare naturalmente con uno strumento, anche uno strumento flessibile come Google ADS.

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