1.1 – Introduzione al corso
Trascrizione
Buongiorno a tutti, benvenuti all’interno del corso base in Google Ads. Io sono Francesco Gavello, sono consulente, formatore, public speaker, imprenditore, mi occupo di Google Ads e Google Analytics, due delle piattaforme più interessanti oggi per chi si occupa di digital marketing. E quest’oggi sarà un pochino mio compito quello di portarvi all’interno della piattaforma per capire come quest questa si muove, quali strumenti ci offre per raggiungere i nostri obiettivi. In particolare l’agenda ci vede suddivisi tra diversi angoli, tutti ugualmente importanti, prima di arrivare a mettere mano alle campagne. Vedremo cosa significa fare advertising oggi e in particolar modo qual è la moneta dei nostri tempi, cosa è importante focalizzare. Capiremo se la piattaforma è davvero così complicata come sembra e parleremo di fan nel Messi Middle e di tutti quegli altri modelli di riferimento di cui si sente spesso parlare quando si inizia appunto a trattare di digital marketing. Ci sposteremo poi ancora su una parte comunque preliminare capendo quali sono le giuste domande da fare al cliente in fase appunto di primo contatto. Parleremo di angoli e target personas. Parleremo di domanda consapevole latente e di quanto il sito poi vada a incidere effettivamente sulle performance delle nostre campagne. Capiremo come come avere a che fare con tracciamenti sani sulle nostre pagine e cosa significa analizzare i competitor? Tutto sommato fare ADB significa avere a che fare con un mercato, con un settore in cui anche altri operatori giocano, diciamo, la loro partita. Capiremo come avere a che fare con le norme pubblicitarie di Google Ads perché poi questo ci porta a poter avere a che fare davvero con una piattaforma complessa, stratificata, potendola affrontare nel giusto modo e in particolar modo, appunto, parleremo di come aprire un account Google Ads, come andare ad avere a che fare con le impostazioni di base dell’account, tutte quelle, come dire, impostazioni davvero che si toccano poco forse nel corso del tempo, eh, e nelle campagne che appunto magari vengono erogate, eh come dire, ci si ricorda poco di questo setup, però è importante perché ci permette di avere una macchina che nelle sue fondamenta è efficiente e funzionale. Parleremo di liste di esclusione, di edoneità dei contenuti, di impostazione dei segmenti di pubblico, una delle funzionalità più importanti quando si parla di targeting e non solo delle nostre campagne. Parleremo di come tracciare le conversioni perché alla fine siamo qui per ottenere risultati. A questo punto ci potremo spostare effettivamente nella fase di creazione delle campagne che in qualche modo appare come l’aspetto più difficile da trattare. Chi poco magari avvezzo al digital marketing dice “Mannaggia, il problema è crearla la campagna, quante impostazioni ho a dispos posizione. La realtà è che quella parte diventa sempre più facile nel tempo, migliora, diventa sempre progressivamente più semplice affrontare la creazione di una campagna con diversi livelli magari di eh targeting, di opzioni sempre più precise. La parte naturalmente che rimane sempre più complessa e più importante è quella strategica e quindi comprendere come le campagne eh vadano a essere poi l’architettura appunto di tattiche, di campagne che abbiamo in piattaforma eh utile ai nostri risultati è centrale e quindi parleremo del funzionamento dell’asta. Cosa succede quando un annuncio ci viene proposto nella pagina dei risultati di ricerca di Google o banalmente quando navighiamo su YouTube o su un sito di terze parti? Quanto e come influisce il ranking l’ad rank dei nostri annunci nella posizione che i nostri annunci ottengono e cosa significa avere a che fare con le strategie di offerta? Si parla spesso di budget da dare alle campagne, strategia di offerta è però ciò che davvero forse cambia le cose e quindi ci potremo a questo punto gettare all’interno della fase dicazione delle campagne ricerca, performance max, demen shopping e dando uno sguardo anche allaltro lato della medaglia, c’è Google Merchant Center, concludendo il nostro percorso sulle campagne video e display un pochino più tradizionali. Questo ci permetterà di avere una visione di insieme di una piattaforma che ha già i suoi begli anni sulle spalle, è stratificata, è complessa e ci permette di affrontare il nostro, come dire, percorso, di raggiungere i nostri obiettivi in modi anche diversi. Non si tratta soltanto di capire come impostare meccanicamente una campagna, ma se vogliamo di capire come pensa un advertiser, quali sono quegli ingranaggi che si mettono in moto quando abbiamo a che fare con Google Ads e quando vogliamo rendere questa piattaforma un tassello di un puzzle più grande, una serie di tattiche che vadano a inseguire la nostra strategia in maniera un pochino più alta. Partiamo da qualcosa di semplice. Qual è la moneta dei nostri tempi? È una domanda che magari può sembrare scontata, ma alcuni rispondono il tempo, altri rispondono qualcosa che magari per loro ha davvero tanto valore, ma io credo che la moneta dei nostri tempi sia l’attenzione. In particolar modo per un advertiser è importante ricordare che ciò che ha più valore per noi in questo lavoro che facciamo è l’attenzione, perché l’attenzione dei nostri potenziali clienti è un bene limitato e sempre più giocatori competono per essa. E allora potremmo anche dire che gestire e coccolare l’attenzione di un potenziale cliente è il compito più importante per un advertiser. Alla fine è davvero tutto qui. Lo vedremo di frequente nel percorso insieme. Abbiamo a che fare con l’attenzione, intercettiamo l’attenzione di un potenziale cliente, attenzione che è poca, un cliente che spesso è distratto, che non ha in quel momento davvero bisogno o voglia di avere a che fare con noi e con quel piccolo barlume di attenzione raccolta iniziamo un percorso, un percorso che idealmente ci vuole portare sempre più vicini magari a un ritorno economico. Vedremo anche di che cosa si tratta in questo caso, ma il nostro lavoro di fatto è con l’attenzione. Non creiamo campagne, non facciamo le Pay. Sì, anche non non mettiamo budget, non spendiamo soldi in piattaforma, anche, ma lo facciamo per andare a gestire, governare l’attenzione dei nostri interlocutori o tentare perlomeno di farlo per portarli un pochino più vicini a noi. Facciamo un secondo step. Molto spesso si dice che eh Google Ads è complicato. Tutte le volte che magari si si tiene un corso, hai a che fare con un cliente, eh soprattutto Quando hai di fronte persone che davvero non ne sanno poi granché della piattaforma, l’obiezione è mannaggia Francesco, Google Ads è davvero una complicazione dopo l’altra, ma guarda quante cose mi chiede. Ma ma come fai a uscirne eh bene? E non è troppo corretto dire che Google Ads è complicato e qui si rivela, diciamo, la mia natura da umanista e non da da ingegnere. Niente di male, eh, ci mancherebbe, però diciamo che da umanista mi viene da dire non è proprio vero che Google Ads è complicato. E in realtà dietro questa piccola considerazione che ora ti ti porto c’è un po’ anche il senso del fare il nostro lavoro, perché complicare complicato deriva dal latino complicare, cioè piegato, confuso, che in italiano è arrivato a noi sotto il termine plico, un plico che nasconde un messaggio, un contenuto. E dall’altra parte il termine complesso e deriva da Latino Complexus che significa resultante di più parti interdipendenti tra di loro. L’italiano è arrivato a noi con il termine complesso musicale, quello dove Panda suona e il risultato è il frutto di una interoperabilità tra le parti. E allora potremmo dire che complicato è un enigma, qualcosa che contiene una sola soluzione. E una volta che hai trovato la soluzione all’enigma, a quella cosa ATA, l’hai sbrigliata, l’hai risolta, non c’è molto altro da fare. Dall’altra parte complesso è un problema politico, economico, sociale, qualcosa che possiede più soluzioni possibili dove ogni soluzione non è mai il punto di arrivo, ma è un progressivo avvicinamento allo scenario ideale. E allora Google Ads non è complicato, complesso, che fa una bella differenza. M Non è questione di quale campagna devo creare in quello scenario. Non c’è la campagna giusta, non c’è il segmento di targeting miracoloso, non c’è l’impostazione migliore per tutti. Esiste una piattaforma dove diversi ingranaggi, diversi elementi per rimanere nella similitudine che ti sto offrendo. E in qualche modo diversi elementi suonano e cantano insieme per ottenere un risultato che può essere, nel mio caso specifico, nel mio contesto contesto in cui opero. eh un avvicinamento al risultato ideale. Quindi ripeto, se stiamo cercando eh la regola magica per creare tre più una campagna settata in alcun modo siamo un pochino fuori strada che magari funziona, ma non è la soluzione all’enigma quella che stiamo cercando, ma è un capire come avvicinarci un po’ per volta al nostro migliore risultato, imparare da quello che ci offre poi la macchina e migliorare ancora un pochino di più. Ora, un ulteriore considerazione che spesso finisce sul tavolo quando si parla di Google Ads è il discorso del funnel. In qualche modo parlare di advertising significa prima o poi sentire nominare da qualcuno il funnel e fino a qualche tempo fa ancora parlare di funnel sembrava portare una verità. Arriva qualcuno che diceva io ho il funnel in set step che ti permette di avere la visione il problema è che forse Bisognerebbe parlare di funnel nella maniera più matura e consapevole possibile, sempre cercando appunto di capire di di che cosa stiamo parlando e che cosa ci offre questo modello di riferimento. E fondamentalmente il funnel c’ha 120 anni, non è niente di nuovo. Se l’è inventato Eliaselmo Lewis nel più o meno 1898 e qualche anno seguente si è immaginato una cosa così, un modello a piramide rovesciata dove in una forma tripartita Tofu, Mofu e Bofu, top of funnel, middle of Funnel e bottom of funnel ehm rappresentano questa sorta di vortice eh all’interno di cui il potenziale cliente prima o poi si viene a trovare e trascinato dal top of funnel dove l’utente non ci conosce al middle of funnel dove invece l’utente è un pochino più tiepido o si riscalda, finisce nel bottom of funnel dove è pronto a comprare e diciamo che sì e può funzionare. Il problema è che modello, un modello che cerca di razionalizzare un processo spesso d’acquisto che che non è così razionale, anche banalmente volendo andare oltre la stessa immagine di gravità, di forza di gravità che l’idea piramide rovesciata trasmette. Il funnel non è una forza irresistibile che trascina l’utente che dal top of funnel non può che andare al centro e non può che andare al bottom of funnel. Anzi, normalmente le cose sono molto più complesse, molto più stratificate e spesso succede qualcosa d’altro. Qui c’è qualcosa di meglio? Beh, forse sì, nel corso degli anni, naturalmente l’idea di funnel è stata elaborata e rivista, ma forse l’ultimo grande eh l’ultima grande iterazione sul sull’idea è la data Google che a un certo punto condivide questo suo pensiero con il mondo, dice “Ma forse più che parlare di funnel parliamo di Messi Middle con Messi Middle” e ti propone questa cosa qua e ti dice in un punto trigger in alto dove nasce un qualche tipo di primo intento. Utente magari scopre che non lo so, lo zaino per il suo computer si è un pochino sgualcito, non riesce più a ospitare il tablet, anche il cellulare, la dimensione giusta, mi serve un nuovo zaino per computer. Incomincia una fase centrale di esplorazione e valutazione, il Messi Middle, un mare in tempesta dove l’utente viene contrapposto tra due forze, una necessità di esplorare, di capire, di trovare e dall’altra parte di valutare quello che ha scoperto e appunto incontrato per strada. E su questo male in tempesta ci rimane anche un bel po’ finché a un certo punto viene, diciamo, sputato fuori da questo male in tempesta e finisce effettivamente a, come dire, portare a termine un ordine in quella che si può definire poi la sua esperienza conclusiva. Va sul sito, naviga, scopre eh quello che magari gli è più utile per portare a termine l’ordine e a quel punto conclude intorno a tutto questo abbiamo una sorta di satellite dove l’esposizione gravita intorno all’intero sistema e e mi ricorda che in qualche modo la visibilità del brand dei prodotti comunque centrale. Il Messi Middle quindi descrive uno scenario un pochino più realistico. Tra la prima azione dell’utente e l’acquisto c’è questo mare in tempesta, questo messy middle, questo piccolo grande pasticcio fatto di utenti che esplorano e val in cui l’esposizione che diamo dei nostri prodotti o dei nostri servizi rimane vitale. È un po’ più realistico, non so cosa ne pensi, ma credo che descriva un pochino meglio quello che noi viviamo tutti i giorni. Veniamo intercettati da un video in YouTube e non succede niente. Dopo qualche giorno ripensiamo a quel messaggio, quella leva, quel nome, allora facciamo una ricerca in Google. A quel punto scopriamo un prodotto, impariamo che esiste una par are sfaccettatura del problema che non vedevamo. Quindi facciamo nuove ricerche e scopriamo altri player, altri competitor, li esploriamo ancora più a fondo nei loro canali YouTube, veniamo rincorsi da campagne pubblicitarie che ci propongono e ci insegnano cose diverse e alla fine prendiamo una decisione cercando di spostarci sul sito di riferimento, sulla landing page di destinazione del caso e andiamo a completare l’ordine. E lì poi naturalmente siamo nella eh come dire fase del il post click dopo aver cliccato e vogliamo incrociamo il sito e sperimentiamo, diciamo, ciò che hanno preparato per noi i brandur. Tutto questo per dire che non basterà allora una sola campagna magica e ben strutturata, non basterà neanche affidarsi a un solo canale, neanche se è Google Ads che adoriamo, che è flessibile, che permette di raggiungere l’utente in tutte le fasi del funnel, probabilmente stiamo pensando a che è una sinergia tra piattaforme come Meta, TikTok Ads, LinkedIn Ads. L’utente lì si trova attraverso Google risolviamo una gran parte di questo pensiero, ma non è il solo. Il posizionamento di brand rimane fondamentale. Ehm, non siamo più, forse non lo siamo mai stati nell’epoca del “Mi faccio trovare una sola volta per la keyword giusta e l’utente domande non se ne fa, compra da me” e quindi prendo e e vendo a chi è igno. non ha mai funzionato così. Il posizionamento di brand, il branding è fondamentale e l’esposizione del brand, quel satellite che gravita intorno al Messi midle, è fondamentale, va alimentato e va preservato, affinché, quale che sia il modello che decidiamo di utilizzare possiamo iniziare a posizionare mentalmente alcune tattiche, leggi campagne in alcuni punti del Messi Middle. Lo vedremo continuamente nel nostro percorso, ma Faccio alcune campagne, sì, ma perché attivo una demand gen? Vedremo perché mi aiuta a risolvere questo momento nel Messi Middle. Faccio campagne e ricerca, mi faccio trovare per delle ricerche e mostro un annuncio di testo. Perché che voglio presidiare questa fase del funnel del Messi Middle? Poi sono modelli di riferimento, naturalmente non è sbagliato anche eh come dire mentalmente ancorarsi a un’idea di funnel purché eh non lo consideriamo come uno strumento che risolve tutti i problemi, sono modelli di riferimento che ci permettono di comprendere e se vogliamo anche motivare a noi, al team di lavoro, il senso e il significato di alcune tattiche che andiamo a predisporre in piattaforma.