Lezione 1 di 5
In Corso

Digital Branding – Lezione 1

Davide Prevosto 4 Luglio 2025

Trascrizione

oggi parliamo di un argomento nuovo, almeno nuovo per me, perché non ho mai parlato di branding così nel dettaglio. Sebbene abbia creato, insomma, sono riuscito a costruire alcuni brand tra i quali studio Samu, quindi ho avuto una discreta esperienza. Però diciamo che mi sono sempre occupato di altro, di cose più tecniche. Magari mi conoscete per quanto riguarda gli aspetti più tecnici della SEO, quindi l’ottimizzazione, piuttosto che l’inbound marketing, il content, eccetera. Ma è la prima volta che vi parlerò di digital branding. Ecco, il digital branding è un argomento secondo me abbastanza traspurato, di cui parlano in pochi, e vediamo se anche le slide riescono a supportarmi in questa lezione di oggi, perché abbiamo ovviamente anche le slide e vediamo se riusciamo a partire dall’inizio. Quindi avviamo la nostra trasmissione delle slide. Ditemi che siete sul pezzo, nel senso che vedete anche le slide, così non solo il mio faccione, che adesso cerco di ridurre ai minimi termini, in modo che anche io riesca a vedere le slide, che sebbene l’abbia fatto io, la sappia praticamente a memoria, è sempre bene tenere un po’ memoria. Oggi, diversamente dal solito, diciamo che sono io sia moderatore che esperto, quindi non ci sarà qualcuno che mi legge le vostre domande, ma cercherò io di barcamenarvi un po’ tra slide e le vostre domande, in modo tale che possa anche rispondere e fare quello che è il bello delle dirette, ovvero il momento di interazione e il momento delle domande, dove di solito fate domande anche di carattere sul vostro caso specifico, è giusto che sia così naturalmente, ognuno cerca di portare a casa poi il meglio dalle lezioni e quindi adattare quello che dirò e quello che diciamo, soprattutto al suo caso specifico. Quindi, ragazzi, se siete d’accordo, sono già passati 7 minuti, quindi io comincerei questa lezione, se siete d’accordo, fatemi sentire un po’ di entusiasmo, fatemi sentire che siete d’accordo. Ah, intanto subito una domanda, faccio una domanda io, così vedo se siete timidi, quanto siete timidi, eccetera eccetera. Intanto i partecipanti sono aumentati, non vi saluto per nome, ma vi invito a rispondere a questa domanda. Quanti di voi hanno studiato branding, sanno che cos’è o partono da zero, quindi sono alle prime armi, non hanno mai sentito parlare di branding, di questa, diciamo, disciplina? Quanti di voi sono avulsi completamente e quanti invece, intanto vedo che arrivano le risposte, io cerco di ordinarle. Zero, ah no, 0,5 dice Fausto, beh dai, bello non partire da zero, anche se a noi piace lo zero come numero, era il mio numero quando giocavo a basket e quindi lo cerco di inserirlo sempre in qualche, da qualche parte, infatti da zero a seo poi è nato un po’ da questo. Giuseppe, da 1 a 10, 4, fantastico, allora Daniela confessa poco. Elisa, io so qualcosa e Jurgita dice io ho già studiato, quindi Jurgita se sentiti libera di, dice 7 Jurgita, allora se magari ho qualcosa da imparare da te sentiti libera ovviamente di correggermi dove sbaglio ovviamente o se hai un punto di vista diverso perché come vedremo una delle prime cose che vi dirò è che il branding non è una scienza esatta e vedremo anche perché non lo è. Tanto Flavio chiede quante domande posso fare, tu puoi fare tutte le domande che vuoi Flavio, tanto poi è mia, diciamo, come si dice domandare lecito e rispondere cortesia, quindi potrei anche non rispondere alle tue domande, tanto non faccio torto a nessuno perché non sei tra quelli che pagano per ascoltarmi, quindi posso anche non risponderti. Comunque Flavio no, volentierissimo ti rispondo, poi ti farò delle domande stronze anche io alla prossima live che farai tu. Francesca dice, conosco la materia e ne conosco l’importanza, più difficile la messa, la messa, la messa, poi qua il programma è lui che taglia, supponevo infatti volesse dire questo, la messa in pratica chiaramente, più difficile la messa in pratica, infatti mettere in pratica la materia è uno degli aspetti fondamentali, tant’è che in questo corso, ora faccio un piccolo spoiler, ho elaborato un mio metodo, un mio metodo per la costruzione del brand, allora voi direte, sei il solito sborone come si dice a Bologna, ma se qualcuno di voi un po’ mi conosce avrà capito che non mi piace tanto copiare quello che fanno gli altri, ma mi piace studiare quello che fanno gli altri per poi elaborare un mio punto di vista. Ovviamente, giusto o sbagliato che sia, io vi porto diciamo il mio metodo, quello che ho elaborato, chiaramente può essere affinato, può essere modificato, può essere reinterpretato, però secondo me fornisce una base di partenza per tutti coloro che vogliono o costruire un nuovo brand, oppure magari aggiustare il loro brand, perché se mi seguite fino alla fine di questa lezione è probabile che saltino fuori degli errori comuni che commettono i brand, ma sia i piccoli brand che i grandi brand. Io stesso quando ho iniziato la mia attività a Studio Samono, è nata nel 2005, avevo 27 anni, non avevo le conoscenze che ho adesso nella materia, quindi anch’io quando ho creato il mio brand, che allora era molto meno conosciuto, ovviamente partendo da zero, ho fatto i miei errori chiaramente, quindi è normale che anche un brand di successo, o comunque un brand già stabilito, già consolidato, possa aver fatto, commesso in passato qualche errore. Allora ogni tanto succede che è difficile, sebbene è possibile, cercare di correggere o comunque di dare una veste nuova a questi piccoli errori o comunque queste incongruenze nel nostro brand. Allora ragazzi, visto che partiamo da zero sull’argomento, o meglio alcuni di voi partono da 7, ma diciamo che nella media siamo a 1, 1,5, 2, vedo anche Gianluca dice 2, eccetera, eccetera. Possiamo partire anche da un po’ di base, infatti vi spiegherò. Ecco, Flavio Mazzanti, 1. No, tu sei a zero, Flavio, non barare, non fare il solito furbetto. Va bene, allora, innanzitutto partiamo a bomba, perché sennò qua io vi svelo un segreto. Ho 161 slide, quindi non so sinceramente a che ora finiremo, non so se vi manderò a casa prima dell’aperitivo. Comunque, come nostra consuetudine, chi segue le dirette lo sa, faremo circa a metà, diciamo, quando arriviamo a un punto, faremo un piccolo break, naturalmente, per darvi la possibilità di riprendere fiato e anche al sottoscritto e faremo una pausa caffè di dieci minuti. Io direi intorno alle quattro e mezza, più o meno, indicativamente dalle quattro e mezza alle cinque faremo una pausa caffè. Ma, partiamo e quindi andiamo sul pezzo. Ho fatto 13 minuti di introduzione e cominciamo con un piccolo disclaimer. Piccolo disclaimer di oggi, anzi due piccoli disclaimer. Quindi, sì, l’aperitivo da Daniela lo paga almazzanti, sempre, quello sempre, è una grande legge esatta, sempre esatta. Questa è una scienza esatta, a differenza del branding. Comunque, la prima cosa è che il titolo è un po’ inesatto, diciamo, non è esatto parlare di digital branding, perché voi dovete sapere che noi che lavoriamo nel digital, io suppongo che tutti voi, comunque chi più chi meno lavori nel digital lo abbia a che fare, ovviamente con il web marketing, altrimenti non sareste abbonati, non sareste qui ad ascoltarmi. A noi che lavoriamo nel web marketing piace attaccare la parola digital a qualunque cosa. Allora, le digital PR, le digital marketing, naturalmente, un po’ digital tutto, attacchiamo digital come se, diciamo, le PR fossero una cosa, le digital PR una cosa diversa. Invece, le pubbliche relazioni sono relazioni pubbliche con le persone, quindi non ha molto senso parlare di digital PR. Digital è il mezzo con cui si fanno oggi prevalentemente, ma non solo, le pubbliche relazioni. Quindi, a noi piace attaccare questa etichetta digital, come un po’ la parola marketing, che l’attacchiamo un po’ a tutto, influencer marketing, Instagram marketing, bisogna fare un po’ di chiarezza. Il branding non è una cosa, secondo me, a cui si possa facilmente attaccare la parola digital, perché, come vedremo, il branding è un concetto abbastanza astratto e non ha molto senso, a mio avviso, parlare di digital branding. Sarebbe più corretto, naturalmente, quello di parlare di branding. Vedremo, questo è motivato dal fatto che branding vuol dire delle cose che non si limitano, naturalmente, al mondo digital, per quanto io ho adattato, naturalmente, grazie alla mia istrazione, grazie alla mia formazione, ho adattato la maggior parte, se non tutti gli esempi che troverete in questo corso sono adattati, ovviamente, al mondo digital, così come la mia esperienza parte dal digital. Il brand Studio Samo è stato lanciato anche, soprattutto, diciamo, grazie al digital. Però, quando si lancia un brand, quando si costruisce un brand, non lo si fa mai unicamente sul digital o per il digital. Le persone dietro agli schermi, dietro alle tastiere sono persone e, come vedremo, ecco, branding vuol dire essere nella testa di queste persone, più che in rete. Quindi, il nome corretto che vorrei dare a questo corso è branding, metodi per costruire e far conoscere un brand. Detto questo, come sapete, voi, sicuramente, se non è il primo corso che seguite, sia mio che di altri professionisti, qui all’interno della membership, ma anche, tanto, ciao Danila. Ecco, abbiamo sempre Daniele e Danila, per quello le confondo ogni tanto, poi Danila si incazza giustamente. Ciao. Quindi, stavo dicendo, noi siamo abituati a ragionare sempre e comunque partendo da quest’immagine, l’immagine del funnel, no? Tutti voi la conoscete, ovviamente, non c’è bisogno di parlare, di dire che cos’è il funnel, tutti noi lo conosciamo, questa è la mia interpretazione del modello funnel, ce ne sono tantissimi, ne abbiamo già parlati, se andate a ripescare le mie vecchie lezioni si parla sempre di funnel. Funnel è una parola di moda, è una parola molto di moda e, purtroppo, come accadono tutte le parole di moda, di funnel di moda, succede che, molto spesso, si creano anche confusioni. Per esempio, una di queste confusioni è pensare che tutto sia un funnel, ok? Adesso va talmente di moda che sembra che non esista altro che un funnel. Oppure, un’altra struttura di cui parlava Simone, il mio socio, e nel suo gruppo The Advertising, nel nostro gruppo, ma gestito da lui, naturalmente, The Advertising, diceva che adesso va di moda cercare di creare… Ciao Giulia, niente, non ti sei perso niente, stiamo iniziando adesso. Va questa moda, spesso fatta dagli affiliate o comunque da persone che lavorano nell’affiliate marketing, di inventarsi, di creare funnel complicatissimi di serie, insomma, sembra che il funnel sia l’unica cosa da fare per avere successo in rete, no? Io oggi, invece, non vi voglio parlare di funnel, oggi non parleremo di funnel e vi dirò di più, esiste qualcosa oltre il funnel, ok? Bene, quindi, siccome non parleremo di funnel, vorrei partire con questa lezione, ricollegandomi a un corso bellissimo che, secondo me, non lo dico perché è il nostro corso, ci sono tanti corsi e tanti validissimi corsi, ma è un corso che mi ha colpito tantissimo, il corso che abbiamo fatto la scorsa settimana con Alessandro Cappellotto sul copywriting persuasivo e questa è una slide che, oltre ad essere divertente, è anche molto vera e poi vedremo perché l’ho riportata, perché vediamo che il copywriting ha molto molto a che fare col branding, tant’è che questa slide di Alessandro, che gli ho rubato, però con suo permesso, fa questa distinzione tra queste due grandi scuole di pensiero, no? Quando si parla di copywriting ci sono queste due grandi scuole, c’è il copywriting creativo e il copywriting persuasivo, no? Diciamo che il corso di Alessandro era di copywriting persuasivo, ma in realtà Alessandro poi ha detto durante il corso che lui sposa la filosofia dell’unicum come la mare, nel senso che lui sposa non una via di mezzo, ma più che altro una tecnica olistica che prende il meglio da entrambe le parti, però diciamo che questa distinzione ci può essere anche utile in termini di branding, guarda caso perché? Perché il secondo nome del copywriting creativo è proprio brand copywriting, ok? Mentre il copywriting persuasivo è detto anche copywriting a risposta diretta, no? Quindi cosa vuol dire a risposta diretta? Risposta diretta vuol dire quello che abbiamo poi descritto nel punto dello scopo, ok? Lo scopo è fare e compiere un’azione, quindi il copywriting a risposta diretta significa che deve provocare un’immediata reazione da parte di chi legge, ok? L’approccio cambia perché il brand copywriting è umanistico mentre diciamo che il copywriting persuasivo è scientifico, anche se questa frase diciamo è abbastanza vera, è abbastanza vera. La finalità cambia nel senso che il brand copywriting ha la finalità di creare un’immagine, un’immagine aziendale, ok? Mentre il copywriting persuasivo ha come scopo la vendita. Il copywriter nel primo caso è un creativo, nel secondo caso è un venditore, ok? E come abbiamo detto lo scopo del copywriter creativo è quella di costruire un’identità di marca, un’identità del brand. Diversamente il copywriting persuasivo serve a far compiere azioni misurabili, azioni tracciabili. E poi è chiaro che poi c’è la battuta perché Alessandro è un simpaticone, quindi dice che uno è di sinistra e uno è di destra, questo è anche al suo fondo di verità, diciamo. Ecco, diciamo che questa slide io l’ho riadattata a quello che vedremo nella lezione di oggi perché ha molto a che fare con il branding, appunto, questa distinzione. Possiamo mettere da un lato il web marketing come lo intendiamo noi, come abbiamo sempre studiato, come abbiamo sempre pensato, come ci insegnano, come anche noi per primi insegniamo, no? E dall’altra parte mettiamo il branding, quello di cui parleremo oggi. Il secondo nome che possiamo dare al branding è il brand management, come vedremo dopo nelle diverse definizioni. Invece il web marketing possiamo anche chiamarlo marketing a risposta diretta, analogamente al copywriting a risposta diretta. Tutte le nostre attività di web marketing sono di solito finalizzate a far compiere un’azione direttamente diretta, ovvero immediata, da parte dell’utente e un’azione che sia misurabile. Infatti i capisaldi del web marketing, quali sono la call to action, quindi l’invito all’azione, sono la tracciabilità, la misurabilità, sono le conversioni, il conversion rate, tutto ciò che è misurabile e quindi la maggior parte, se non tutte le attività che noi poniamo in essere quando facciamo web marketing, sono sostanzialmente marketing a risposta diretta. L’approccio, come nel caso, è diverso, perché ovviamente il web marketing è scientifico, tutta l’attività che noi facciamo è data driven, quindi dipende dai numeri, dagli analytics, da quello che sono gli insights, da quello che è la misurazione d’erroi. L’approccio al branding parla invece di percezioni, parla di emozioni, parla di quello che spinge all’acquisto di individui, quindi è un approccio più umanistico che scientifico. Le finalità del branding sono quelle da una parte di costruire un’immagine, quello che vedremo nome tecnico chiamarsi brand equity, dopo ci arriviamo. Il web marketing di solito mira alla vendita diretta, chiunque abbia un e-commerce, Flavio me lo puoi confermare, naturalmente lo sa, prima o poi deve arrivare la vendita, anche quando facciamo content marketing, blogging eccetera, comunque siamo focalizzati sul risultato misurabile, quindi in fin dei conti la vendita. La figura geometrica che rappresenta il web marketing naturalmente l’abbiamo detto il funnel, diversamente se vogliamo immaginarci una figura geometrica per quanto riguarda il branding può essere il cerchio, la sfera, può essere un’immagine più sferica. Il fine ultimo come abbiamo detto di solito nelle nostre azioni di web marketing è la vendita o la conversione, alla fine sono quelle le azioni, al di là dei KPI, le azioni obiettivo, l’obiettivo finale la macro conversione è sempre o la conversione, quindi la richiesta di contatto oppure direttamente la vendita, nel caso di e-commerce. Diversamente il branding non serve alla vendita diretta, serve a costruire un’identità. Come si chiama chi costruisce un brand? Naturalmente è il brand builder, colui che costruisce un brand. Diversamente il marketing a risposta diretta, storicamente prima che esistesse il web, ha come nome hard selling, ovvero la vendita dura, dura e pura, vendiamo, call to action, compra. Come si insultano? Questa anche qua l’ho mezza copiata da Alessandro, come si insultano chi fa branding di solito nelle agenzie creative che si occupano di branding? Dice se siete dei nerd senza creatività, senza fantasia, invece chi si occupa di web marketing dura e pura dice agli altri questo è tutta fuffa, cioè noi vogliamo i dati, vogliamo i numeri, vogliamo le vendite. Ecco questa è un po’ la sintesi di questa mia introduzione e vi spiego perché. Intanto il mazzanti che abbiamo capito essere il troll ma movimenta anche un po’ la discussione naturalmente. La visione è giusta ma se il brand non è appunto stato costruito prima, il marketing che serve a far comprare non funzionerà mai. Flavio, niente mi stai spoilerando la lezione brutto bastardo. Andiamo avanti, andiamo avanti, proprio come dice Flavio, perché se io ragiono troppo in termini di esiste solo un funnel e non esiste altro, mi trovo in questa situazione qua. Io cosa faccio? Mi studio il modo per costruirmi un funnel, poi prendo il mio modello di riferimento, quindi può essere, non so, può essere il modello Aida, può essere un altro modello, perché ognuno può interpretare il funnel a modo suo. Io l’ho interpretato alla maniera dell’inbound marketing, allora chi segue diciamo la scuola di pensiero di Matteuzzi, se vogliamo chiamarla così, cosa farà? Prima di tutto ovviamente si legge il mio libro per capire le basi dell’inbound marketing, poi essendo abbonato alla nostra bellissima Academy, cosa fa? Prima magari si segue un bel corso di Facebook Ads, quello con Paolino e Simone naturalmente. Ecco, consiglio a tutti leggere la seconda edizione del tuo libro, questo è Flavio che fa il troll, bastando, adesso arriverà anche la seconda e anche la terza. Basta, stai rovinando la lezione, zitto, muto. Poi, cosa fa? Naturalmente non esiste solo la azione a pagamento, esiste anche l’organico, esiste anche la community, esiste anche la gestione dell’organico, dei social network, non esiste solo Facebook, ci sono altri social network, quindi imparare a gestire le comunità, rispondere alle critiche, incentivare le recensioni positive, quindi si segue anche il corso di Valentina, impara la sua strategia di social media, poi chiaramente cosa fa? Si studia un corso di Francesco Gavello con AdWords, quindi impara anche a fare AdWords e diciamo che questa è la maniera per portare traffico, poi però cosa fa dopo che ha imparato come si porta il traffico? Naturalmente questo traffico, ah, dimenticavo, anche io, magari si fa un po’ di SEO, si fa il mio corso base SEO, che quello non guasta mai, poi però una volta portato il traffico cosa bisogna fare? Bisogna convertire, e allora cosa fai? Ti guardi i nostri corsi, quelli che hai fatti con Luca Orlandini, quindi impari a costruire le tue landing page efficaci, per dove far atterrare le tue persone di riferimento, poi ti segui il corso di copywriting, perché chiaramente a pari passo con la landing page va tutto il discorso del copy, naturalmente, poi cosa fai? Una volta che hai preso il lead devi imparare anche l’email marketing, quindi ti fai un bel corso di email marketing, quello con Guglielmo, eccetera, e poi naturalmente devi anche farti il corso di Fabio, per capire Analytics e capire i dati di Analytics, naturalmente ho preso alcuni corsi rappresentativi della categoria, ma abbiamo anche tanti altri corsi ben fatti, non esistono solo questi, ma diciamo che questi sono tra i fondamentali, ok? Poi cosa succede? Una volta che ha fatto tutto questo, succede che il tasso di conversione è l’1,5%, e dici cazzo, ma come? Ho studiato, ho fatto, seguito dei bellissimi corsi, ho imparato un metodo, ho imparato a fare Facebook Ads, ho imparato la SEO, ho imparato AdWords, ho imparato tutte queste belle cose, il copy, e poi ho un conversion rate dell’1,5%, ma cazzo, ma com’è? Ma com’è? Posso fare di meglio? Poi addirittura scopri questo dato, questo dato sconvolgente, Amazon ha un tasso di conversione del 13%, che è già quasi 10 volte l’e-commerce medio, e addirittura sugli utenti Prime, di Amazon Prime, ha un tasso di conversione del 74%, cosa vuol dire? Vuol dire che l’e-commerce medio converte in cliente 1,5%, vuol dire 1 su 200, no, ho fatto i conti male, 1,5 su 100, quindi 2 su, sono pessime matematiche oggi. Niente, comunque, un po’ più di 1 su 100 diventa vostro cliente, mentre 2 persone su 3 quasi, che atterrano sul sito di Amazon, se sono Prime, comprano. Tasso di conversione incredibile, incredibile. Sì, prossimo corso come calcolare le percentuali a mente, ok. No, mi sono un attimo perso perché troppe cose in mente, ho letto troppo in questo periodo, quindi di solito sono un po’ più forte in matematica. Va bene, detto questo, quindi come mai, ma sono così bravi a fare web marketing questi qua di Amazon? Beh, sicuramente nessuno può dire che Amazon non sia bravo a fare web marketing, insomma, sarebbe pazza dire, però, insomma, diciamo che neanche loro sono perfetti, soprattutto quando troviamo dei prodotti del genere. Ecco, non so se, chiedo scusa a tutti per il linguaggio, ma non è mio stavolta, questa non è colpa nostra, quella sulla landing degli artisti della sera è colpa mia, l’ho scritto io quel copy, questa qua non l’ho scritto io, questo qua è un prodotto che trovate realmente, se fate una ricerca, trovate questo Amazon, tra l’altro anche due recensioni, suppongo che siano recensioni, diciamo, gag, ma non finisce qua, insomma, adesso non li leggo perché, insomma, non mi sento di dover leggere questi prodotti qua, però sicuramente, diciamo che i loro belli errori li fanno anche loro, cioè abbiamo prodotti che fanno ridere, ma al di là delle battute, insomma, che ci stanno un po’ per spezzare la noia della lezione, trovate un sacco di prodotti su Amazon che sono tradotti con Google Translate, probabilmente, quindi sono buttati lì dal venditore e neanche le foto, le foto non sono belle su Amazon, tra l’altro Amazon, per chi di voi ha seguito il fantastico conso di Giovanni Cappellotto, Amazon non permette di mettere foto accattivanti su Amazon, proprio perché ti prendereste un vantaggio nei confronti degli altri venditori, un vantaggio quasi sleale, quindi diciamo che le foto sono tutte uguali, tutte piatte, tutte con lo sfondo bianco, quindi il visual non è certo l’arma vincente di Amazon, neanche il copio, a quanto pare, l’arma vincente di Amazon, trovate queste robe qua, diciamo, scritte un po’ a naso di cane, diciamo, perché abbiamo fatto un corso di Bonton, io e Flavio nel frattempo, e poi se fate caso anche alle inserzioni, perché non ci facciamo mancare niente, se un giorno, insomma, decidete di cambiare sesso, potete trovare un gender su Amazon tranquillamente, se potete comprare qua un sesso su Amazon, ecco, nel caso pure tav, lampade particolari, un sacco di roba così, quindi se non è il copy, non è il prodotto, perché insomma questi prodotti qua, insomma, l’abbiamo visto, non è la pubblicità, che cos’è il trucco, qual è il trucco di Amazon? Il trucco di Amazon, per farla breve, è questo, è il brand, perché voi non comprate su Amazon perché sono bravi, sì, sono bravi, ok, sono usabili, ti fanno molte, ti propongono i prodotti correlati, eccetera, eccetera, il prezzo tutto sommato è buono, ti mandano le mail, fanno tutto quello che c’è da fare, mobile first, tutto quanto, ma voi comprate su Amazon perché vi fidate di Amazon, nessuno prende un pacco da Amazon, nel senso, nessuno che io sappia può, e poi nel caso ti prendi un pacco da Amazon, questi te lo rimborsano immediatamente, ti danno un prodotto nuovo immediatamente, perché, intanto bevo un po’ di caffè, scusate, perché sono Amazon, questo è il loro trucco, il brand, quindi, perché fare branding? È presto detto, aumenta vendite e conversioni, qual è l’ingrediente magico di Amazon, è il brand, cioè, se voi fate un funnel perfetto, fate lo stesso identico funnel di Amazon, non ditemi che Amazon ha i soldi, perché non è solo quello, sì, ha un sacco di soldi, però, se voi aveste lo stesso budget di Amazon su AdWords, piuttosto che sugli altri canali, non avreste lo stesso tasso di conversione, quindi il brand, Amazon con la maiuscola, aumenta vendite e conversioni, quindi entra a far parte del funnel, aumenta il valore percepito, questa è una cosa molto importante che dopo vedremo all’interno delle lezioni, consente di aumentare il prezzo, un’altra cosa interessante del brand, fidelizza i clienti e aumenta il valore dell’azienda, quindi, ovviamente, un brand, ci sono quelli affezionati a un brand per cui comprano sempre quel brand, naturalmente fidelizza i clienti, aumenta il valore dell’azienda, chiaramente, un’azienda che ha un brand noto, che ha un brand conosciuto, ovviamente, se un giorno decide di venderla, oppure eccetera, prenderà un sacco di soldi, ovviamente, sapete tutti che ieri è stata venduta la Versace, insomma, acquistata da Michael Kors per 2 miliardi di euro, insomma, quindi quello è un simbolo, insomma, del brand e del valore che può avere oggi un brand, e sì, perché se ci pensate, il brand che fa il prezzo, più il brand è conosciuto, più il brand è noto, più il brand è considerato di valore, quindi la qualità percepita, attenzione alla parola percepita, è importante, perché vedremo poi che si tratta molto di percezioni, è l’antitesi del prezzo, cioè quando il brand non è forte, si guarda il prezzo, questo è il concetto di commodity, che vedremo tra poco. Domande? Tutto chiaro? Bene. Perché nessuno fa branding se ci sono tutti questi grandi vantaggi nel farlo? Beh, anzitutto è costoso, c’è poco da dire, fare branding non è sicuramente economico, anche se vedremo che ci sono dei casi e vedremo anche come alcuni hanno fatto, sì, anche non lo sanno fare, però non lo sanno fare, Giulia, secondo me quello non è il problema principale, il problema principale sono quelli che ho elencato, perché è vero anche, ti do ragione, non lo sanno fare, però io ho parlato nella mia vita con centinaia di imprenditori, perché ho iniziato, ora sono praticamente pensionato, perché non mi occupo più di servizi direttamente, però negli anni ho parlato con tantissimi imprenditori, piccoli, grandi e medi, eccetera, quindi il primo problema non è che non lo sanno fare, perché ho parlato anche con aziende che i soldi ce li hanno e potevano assumere esperti di branding, è che è percepito come intangibile, innanzitutto, quindi non lo posso misurare, non vedo gli effetti, quindi sto pagando per della fufa, sto pagando per del niente, è a lungo termine, quindi anche se io investo in una corretta strategia di branding i risultati, c’è caso che io li veda dopo molto molto tempo, questo è un altro problema, è difficilmente misurabile, quindi è intangibile e in più non posso misurarlo, pensate un funnel, lo posso misurare il ROI, lo posso misurare immediatamente, cioè ho speso X, ho guadagnato Y, questo è facilmente misurabile, quando fate web marketing fate presto a misurare quanto avete guadagnato, in branding è molto difficile capire quanto si è guadagnato come valore del tuo brand. Non è una scienza esatta, un altro motivo per cui nessuno, perlomeno in Italia, fa branding, si occupa di branding, comunque pochissimi, di solito appannaggio quasi esclusivo delle grandi aziende, ma questo vedremo che è molto molto sbagliato, ve lo dirò tra poco, è che non è una scienza esatta, ci sono tante scuole di pensiero, tanti approcci diversi, io ho cercato di accorpare queste scuole di pensiero, questi pensieri diversi in tre grandi scuole di strategia di branding, ma dopo ci arriviamo, tra pochissime ci arriviamo, quindi cosa vedremo? Vedremo brevemente cos’è il branding, cercheremo di dare una definizione piuttosto che diverse definizioni, vedremo appunto, essendoci tante scuole di pensiero, ci sono anche tante definizioni, ho cercato di raccogliere quelle più significative, vedremo appunto le principali strategie di branding, quindi quelle più diffuse, quelle che vi suggerirò, poi potete fare ovviamente come vi pare, seguire quello che volete, e brand building, quindi il mio metodo, il metodo che ho elaborato per la costruzione di un brand, la terza parte naturalmente è la parte più corposa del corso e niente, quindi possiamo possiamo vedere il tutto, sarà naturalmente condito dalle spezie che sono esempi case reale, consigli pratici, nel senso che ho raccolto alcuni esempi che mi sembrano significativi, poi ovviamente ripeto, non essendo una scienza esatta c’è sempre quello che può dire no, ma questo fa schifo, questo non mi piace, però insomma diciamo che io ho la mia scuola di pensiero, il mio metodo e quindi vi beccate quello che penso io e quelli che sono i miei esempi e i miei suggerimenti.

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